
Gli enti distinti possiedono tanto di vero quanto possiedono di essere, il loro essere veri dipende da quanto la loro essenza è in atto e traspare nella loro esistenza, così che la loro natura sia evidente nell’effusione della loro verità. Nell’Essere Intelligibile sussiste sempre l’identità di intellezione e di essenza, in Esso è eternamente costituito il perfetto adeguamento dell’Intelletto all’Essere, e dunque nell’Ente si trova un completo adeguamento del conoscente al conosciuto nella Verità attinente all’Essere Vero. Il vero è presente nell’affermazione assiomatica di ciò che è, ma il fondamento ultimo dell’affermazione assiomatica è sempre e solo l’Essere, il Reale Eminente. Una formulazione veritiera di carattere sillogistico deve presupporre che il sillogismo fondi sulla verità a priori delle premesse, oltre che sulla correttezza del procedimento formale della formulazione sillogistica. Il sillogismo è un’espressione specifica della ragione, è una connessione di concetti logici che si costituisce nell’unità dell’Idea, che è a fondamento del sillogismo stesso, il quale è veritiero e indefettibile se, nel processo deduttivo del suo svolgersi, è costantemente illuminato, fecondato dall’intelletto unitario, stante immobile nella contemplazione dell’Idea. Il sillogismo è “scientifico” se il logos-ratio è irradiato dal nous–intellectvs, il quale, operando il coglimento puro dei principi in modo immediato, incide con la sua luce al centro della ragione, come ideazione o concezione pura, permettendo il passaggio dall’essere dell’Idea all’esistenza del concetto logico, che si sviluppa nella successione discorsiva dando luogo all’enunciazione della natura dei principi sintetici in forma dialettico-analogica, secondo concetti veri o logoi puri. Il sillogismo che non rispetta queste condizioni è ontologicamente falso, è semplice sofismo o erisma. La scienza immediata dell’essenza è sempre alla radice del sapere mediato conforme al vero, la dialettica conforme a verità presuppone sempre una noetica, una gnosi a priori.
L’ottenimento della scienza immediata e diretta dei principi eterni si realizza facendo passare dalla potenza all’atto l’Intelletto Divino immanente nell’anima, ciò avviene attraverso una regolare ascesi intellettuale che permetta la purificazione dell’anima e la conseguente cessazione di ogni suo moto verso il sensibile. Solo quando l’anima e le sue operazioni discorsive si sono arrestate, mediante la concentrazione nel silenzio dell’intelletto, è possibile che quest’ultimo passi dalla latente potenzialità alla sua attualità agente, costituendo così “l’illuminazione intellettuale”, l’ellampsis dell’anima.
La realizzazione intellettuale prevede due gradi: il primo coincide con l’attualizzazione dell’intelletto immanente quale centro essenziale dell’anima; l’altro prevede l’identificazione effettiva dell’intelletto immanente nell’anima alla totalità dell’Intelletto Universale trascendente, mediante la quale si realizza l’onniscienza totale inerente l’Intelletto Divino Eterno.
La prima realizzazione coincide con l’attuazione dell’unità trascendente dell’anima individuale, la seconda realizzazione riguarda l’attuazione dell’Unità Trascendente dell’Anima del Mondo. Il primo grado di realizzazione intellettuale coincide con lo stato intellettivo proprio all’uomo divino dell’Età Aurea e costituisce l’anima nello stato primordiale dell’umanità, al centro-cuore della terra luminosa primigenia. Il secondo grado di realizzazione intellettuale coincide con lo stato intellettivo proprio all’Uomo Universale, costituito nello stato principiale dell’Essere Totale, nel centro-cuore della Terra Divina, la sostanza gloriosa dell’Essere Divino stesso.
Il primo grado di integrazione intellettiva realizza anche l’unione partecipativa con il Verbo Divino primigenio, agente alle origini auree dell’umanità, mentre il secondo grado di integrazione attualizza la completa identità col Verbo Divino Universale, Principio di ogni tradizione religiosa, la sede e la scaturigine di ogni conoscenza vera. Il Verbo Universale è ciò da cui procedono le forme spirituali tradizionali nell’insieme del ciclo cosmico, quindi la realizzazione intellettuale universale assimila il conoscente al Logos Eterno e gli consente di acquisire la Sophia Aionia-Sapientia Aeterna inerente. Colui che ha realizzato questa Sapientia conosce direttamente i principi eterni di tutte le cose in Se Stesso, non più per illuminazione, ma per identità, in quanto la conoscenza universale propria del Verbo è priva di ogni relatività connessa all’individualità particolare. Nella Sapientia Aeterna sono presenti i Logoi puri in modo essenziale, quei Logoi che costituiscono poi, nella loro forma riflessa, la presenza immanente delle Idee eterne nel piano della manifestazione cosmica, pure forme neutre e unitarie immesse dall’Intelletto Agente, tramite il Suo Verbo, nell’Anima del Mondo e nell’anima dell’uomo individuale.
La realizzazione della Conoscenza Metafisica Universale inerente all’Intelletto Divino Ipostatico porta con sé alcuni effetti, come il conseguimento di una prospettiva centrale, sintetica e universale, perfettamente oggettiva e onnicomprensiva di tutte le cose, che permette di intelligere, dall’interno e nel loro principio, tutte le cose, di conoscere il nome di tutti gli enti e perciò anche i linguaggi molteplici attraverso cui la Verità dell’Essere si manifesta. Colui che dispone di conoscenza divina possiede l’infallibilità della conoscenza diretta dei principi, del Vero che, in quanto tale, è completamente indipendente dai supporti attraverso i quali si esprime e nei quali si manifesta, in quanto il Vero, in sé, è sempre di carattere sovraindividuale, e quindi anche sovraumano e sovrarazionale. Questa realizzazione intellettuale, pur non coincidente con la realizzazione metafisica suprema, costituisce nel realizzato una vera Autorità Spirituale Universale.
L’enunciazione integrale della Verità dell’Unità Divina sta al principio di ogni forma religiosa tradizionale, l’enunciazione di gradi diversi dell’unica verità è corrispondente ai gradi di attuazione dell’Intelletto Totale da parte dell’Intelletto Agente. Questa distinzione è alla base della dottrina della gerarchia delle manifestazioni divine e delle autorità spirituali presenti nelle varie tradizioni (avatara, profeti, sapienti, ecc). Anche chi ha realizzato il grado minore dell’illuminazione intellettuale è comunque, nel suo livello, una “manifestazione divina”, con un grado determinato di autorità spirituale. Per l’animo che è in atto secondo l’intelletto agente nell’immanenza, l’intellezione è contemplazione diretta, autorivelazione e svelamento di sé, per gli uomini che entrano in relazione con esso, è enunciazione di verità, eterorivelazione ed evidenza divina. Questo soggetto “illuminato” non poggia più su fede e ragione, è il fondamento stesso dell’autorità e il criterio di verità, in quanto è già assimilato all’Intelletto Divino Eterno. Da nessuno che sia ad esso inferiore può essere più giudicato, ma tutto può giudicare.
Ne consegue che l’enunciazione di una dottrina da parte di un soggetto va considerata veritiera e infallibile nella misura in cui il soggetto la concepisce a partire dall’intelligenza pura, l’argomento reso disponibile al discorso è perciò enunciato dall’intelletto attuale dell’anima in forma simbolica o logica e attesta che il dato espresso è veramente conosciuto per intellezione vera. Perciò questo tipo di formulazione non avrà mai un carattere umano e contingente, ma avviene per l’utilizzo del supporto umano da parte dell’Intelletto Divino che, in tal modo, svolge una funzione provvidenziale precisa, fungendo il supporto umano da mero appoggio, affinché la Verità Eterna si esprima nel tempo. Nel realizzato l’elemento umano è stato trasfigurato dalla presenza dell’Intelletto Divino nell’anima, così la persona rigenerata in Dio esprime le virtù dell’Intelletto Divino in modo evidente.
Ai gradi di attualizzazione dell’Intelletto corrispondono gradi di infallibilità relativi e quindi una disposizione gerarchica di conoscenze di arcani e di misteri minori o maggiori, in ragione del livello della realizzazione. Chi formula una verità tradizionale può porsi in tre posizioni determinate, in tutti i casi non parla mai in nome proprio, ma in nome del Dio o della funzione divina che lo ispira, essendo in realtà una Virtù Divina o un Dio che parla tramite il soggetto personale. L’esponente autorevole può parlare in nome della religione particolare, di cui appare far parte in modo relativo nella contingenza della sua forma personale; può parlare a nome della Religione Primordiale, di cui è espressione in quanto intelletto puro informale nell’immanenza; infine può parlare a nome della Religione Eterna, in quanto Intelletto Divino Universale. L’infallibilità metafisica, nei diversi livelli di esposizione trattati, si applica alla conoscenza dei principi e delle cause, ma in generale, nei riguardi del causato, occorre applicare di volta in volta il discernimento particolare retto, a partire dalla conoscenza dei principi, quindi bisogna esercitare la virtù della prvdentia.
È necessario precisare che non bisogna confondere l’intelligenza essenziale autentica di un ente con l’effetto illusorio che produce la rappresentazione sensibile dello stesso. Una verità essenziale può essere colta a differenti livelli, in generale può essere colta dalla sensazione o dal sentimento e produrre un’accettazione di tipo istintivo, volitivo e opinativo, dall’esterno, ossia una “comprensione” per fede irrazionale. La verità può essere colta dalla rappresentazione e dalla concettualizzazione e determinare un assentimento volitivo razionale, una “comprensione” mediata dalla teoresi dianoetica. La verità può essere infine colta dall’intuizione intellettiva, per identità immediata con l’oggetto conosciuto, così si produce la certezza infallibile e la comprensione unitaria dell’ente per identificazione alla sua essenza. La “comprensione” per fede o l’assentimento per teoresi dianoetica rimangono confinati nel territorio del dubbio, dell’incertezza, dell’opinione e del soggettivismo razionale relativo, quindi lasciano aperto il campo alle infezioni dell’irrazionale, dell’umano, del contingente e dell’individuale. Chi si confina nell’ambito delle sensazioni irrazionali, e dell’elaborazione orizzontale delle stesse, si allontana dal cuore dell’Idea che la forma razionale o sensibile sottintende, se, invece di innalzarsi nella dialettica ascensiva, catartica e induttiva, si indugia nella dialettica discensiva, deduttiva e catabasica, si alimenta l’illusione chimerica del sapere.
È opportuno quindi distinguere, nella conoscenza, la relazione di analogia dalla “a-relazione di identità”, ossia i modi del pensare razionale da quelli dell’intuizione intellettuale. La relazione analogica produce una separazione fra il soggetto-ragione, e l’oggetto, l’Idea dell’ente, e sviluppa nell’anima un’immagine o un nome, che sono proiezioni mediatrici dell’Idea. Nella “a-relazione di identità” invece, vi è essenziale unità fra l’Idea e colui che la coglie, non vi è pertanto riflessione, né mediazione, come nel pensiero riflessivo e discorsivo. Nell’intellezione l’oggetto è colto come sé, nella rappresentazione riflessa come altro da sé, come separato e distinto dal proprio essere. Ciò valga ancora una volta a mettere in guardia dalle illusioni che si producono al primo assentimento irriflesso che si produce di fronte alla verità annunciata o udita, un assentimento che non va mai scambiato con la conoscenza razionale e, tantomeno, con la conoscenza effettiva del dato nella sua essenza.
Venendo alla questione del metodo di esposizione della verità, occorre mettere il fuoco sul criterio della dimostrazione dei dati enunciati. Ogni conoscenza di ordine intellettuale può essere esposta in modo logico-verbale, a patto di non scambiare l’espressione logico-verbale per il dato a priori della conoscenza, il significato con il significante, il simbolo mediatore con l’Idea da mediare. Che l’espressione sia puramente mitico-favolosa, enigmatico-oracolare, o solamente dialettico-discorsiva, deve comunque essere idonea a trasmettere e comunicare il dato trascendente e fungere quindi da supporto alla ricezione del dato mediato. Ogni certezza o verità di ordine trascendente può essere dimostrata in modo logico e/o ontologico, entrambe le modalità procedono dalla conoscenza diretta, ma la prima si serve del sillogismo, tanto più fine quanto più deve dimostrare principi di ordine primo, fino alla sospensione del sillogismo stesso, quando ciò che deve essere trattato richiede altro mezzo. Questa dimostrazione dovrà fare uso di determinati assiomi o proposizioni vere di ordine intuitivo, posti a priori, dai quali si svolge la dimostrazione successiva, che sarà quindi un sillogismo “scientifico” fondato sulla scienza intellettuale conforme al vero, cosa che non può avvenire se le premesse assiomatiche di verità sono solo premesse probabili, fondate sull’opinione, in questo caso, come abbiamo accennato più sopra, avremo un semplice sillogismo “dialettico”, proprio ad ogni comune apparenza di verità. La seconda modalità della dimostrazione si serve del simbolismo, che costituisce la premessa assiomatica e la dimostrazione ad un tempo, esso tende ad attivare direttamente ed esclusivamente l’operazione intellettuale, mediante un procedimento che sospende l’operazione razionale e l’induzione che procede per ascesi sillogistica. L’enunciazione simbolica della verità mira direttamente al “cuore”, giova ad attuare una conoscenza diretta e immediata per semplificazione intellettuale, senza girare attorno all’oggetto, ma puntando diritto ad esso col centro intellettuale dell’anima, destato contestualmente. La prova ontologico-simbolica è ciò che vi è di più diretto e vicino al dato della conoscenza essenziale, essendo di quel dato la sua espressione migliore sul piano della ricezione umana, la sua presenza reale su quel livello. Questa ultima modalità è assai poco apprezzata dai razionalisti moderni, i quali, inclini al sillogismo discorsivo fine a se stesso, sono quasi sempre manchevoli di un uso effettivo di lingue o nomi sacri, perciò sono avvezzi all’utilizzo di parole ormai sempre più inadeguate ad esprimere il dato da raggiungere con la conoscenza. Essi dunque si trovano in estrema difficoltà ad attivare una facoltà che era viva nell’anima della persona religiosa tradizionale, l’aisthetikos nous.
La formulazione logica di verità noetiche fonda sul sillogismo scientifico, la forma perfetta del sillogismo. Quando si formulano proposizioni, ossia quando si enunciano giudizi, attraverso la sola unione di termini fra loro con nome, verbo e aggettivo, che affermano o negano qualcosa di qualcos’altro, non si ragiona ancora, né effettivamente si giudica. La base del ragionamento è il nesso fra le proposizioni enunciate, di modo che da certe premesse ne derivino necessariamente e logicamente certe conseguenze, ossia si produca il sillogismo. Le premesse non sono mai la causa della verità o della falsità dei dati, ma solo della sequenza logica del sillogismo, tanto da far sempre seguire un conseguente, posto l’antecedente; le premesse che si compiono rettamente nelle conseguenze esprimono solo la coerenza logica del sillogismo, ma non dicono nulla del suo fondamento ontologico. Perciò la struttura del sillogismo, o dell’inferenza, è indipendente dal contenuto di verità delle premesse e delle conseguenze, mentre il “sillogismo vero”, o scientifico, fondato su episteme o scientia, non riguarda solo il carattere formale dell’inferenza, ma anche la verità essenziale delle premesse, premesse il cui contenuto deve sempre essere frutto di intuizione intellettiva e non di opinione. A questo proposito Aristotele afferma: “Aver scienza è sapere per dimostrazione. Dico dimostrazione il sillogismo scientifico, dico scientifico quel sillogismo in base al quale, per il fatto di possederlo, abbiamo scienza[1].
Il sillogismo scientifico deriva sempre dalla conoscenza dell’essenza per intelligenza, la sua articolazione è dimostrazione logica di verità sovralogiche, le sue premesse sono ontologicamente vere, sono prime, ossia non necessitano di altre dimostrazioni anteriori, più universali rispetto alle conclusioni, in quanto ne contengono la ragione. Tali premesse possono essere formulate solo da chi dispone della scienza, dalla quale, per deduzione sillogistica, si dimostrano verità particolari a partire da verità universali, attraverso un processo di discesa provvidenziale. Tale discesa epifanica del Verbo è funzione propria del metodo di esposizione inerente alla sapienza metafisica tradizionale che tratta delle verità eterne. Il metodo tradizionale di esposizione della scienza sacra dispone di principi suoi propri e peculiari, di modalità dimostrative ed enunciative centrate principalmente sul simbolismo e sulla lingua sacra, ma fa anche uso della dialettica discorsiva generale per produrre dei concetti contingenti, funzionali all’avviamento dell’operazione intellettuale, per condurre alla scienza dei simboli sacri, a partire da una precisa conversione della ragione. La dialettica discorsiva ascendente è atta a costituire un ponte mediatore nei confronti della ragione ordinaria, la quale utilizza queste proiezioni in guisa di appoggio temporaneo e occasionale, solo per stabilire un primo aggancio con la verità essenziale dimostrata con modalità più appropriate.
Quanto abbiamo esposto deve consentire di evidenziare, attraverso l’esposizione scientifica di carattere metafisico, che vi è unità essenziale e corrispondenza ontologica fra tutte le forme religiose tradizionali e la Religio Primordialis e la Religio Aeterna, in quanto sussiste l’identità essenziale delle loro forme, dei loro miti, riti, simboli, discipline e leggi. L’unità occulta e permanente esiste oltre le molteplici espressioni, oltre gli apparenti contrasti ed opposizioni che talora appaiono risultare da un superficiale approccio alle singole religioni storiche.
L’evidenza dell’Unità Essenziale dello Spirito Divino, del Verbo Universale, deve servire a liberare ogni religione particolare dal suo esclusivismo, dal suo isolamento particolaristico, recuperando in se stessa ciò che vi è di più essenziale e trascendente, di veramente comune ad ogni religione, riportando ogni aspetto determinato al principio generatore universale delle singole forme tradizionali, le quali saranno così intelligite nell’Unità Metafisica di cui sono espressione. Le varie forme spirituali possono essere dunque rivitalizzate, per la riattuazione integrale in esse dello Spirito Divino e per un recupero integrale della divina presenza nel loro cuore, così potranno difendersi senza problemi da ogni azione antireligiosa e antitradizionale e, allo stesso tempo potranno contribuire alla realizzazione di quella Pace Divina che riunisce tutti i popoli e le religioni nell’unità divina comune, altrimenti impossibile a prodursi con altri mezzi.
[1] Aristotele, Analitici Secondi, ∆2, 71 b, 16-17.
[tratto da: Viola, L.M.A., Sulla Via della Salute]
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