1. Il conflitto fra la fede religiosa tradizionale e il razionalismo individualistico

 

La medicina moderna è uno dei risultati derivati dalla più generale costituzione dell’uomo moderno e della modernità, è un derivato della forma mentis moderna, della nuova visione dell’uomo, dell’universo e di Dio prodottasi con l’avvento del razionalismo individualistico e, di fatto, con l’abbandono della religione e anche della filosofia tradizionale. Sui processi più generali che hanno permesso lo sviluppo della modernità fonda anche la costituzione della scienza moderna e dunque anche della medicina moderna che ne è un’espressione particolare. Data queste premesse, prima di tracciare gli sviluppi della medicina nella modernità, è bene sintetizzare alcuni degli sviluppi modernizzanti che si sono verificati nell’ambito filosofico e in quello scientifico.

La “rivoluzione” avvenuta nel corso del XVII secolo nel cuore dell’Europa, ha posto le basi del razionalismo sensistico che è alla base della scienza fisica moderna. Dopo aver preso le distanze dall’autorità religiosa e dai dogmi religiosi della fede cristiana, si è proceduto nella compiuta separazione dell’uomo da ogni riferimento alla trascendenza, sia esso divino o metafisico, mediato dalla religione o dalla filosofia tradizionale. Nella seconda metà del Seicento, e per tutto il Settecento, questa opera di separazione è stata continuata, tanto che la piena affermazione della rivoluzione filosofico-scientifica del Seicento si è affermata pienamente nella mentalità comune, e ha cominciato ad attuarsi nell’organizzazione dei sistemi civili e sociali, con la ridefinizione dei loro fini, dopo la Rivoluzione Francese. La fine del Settecento ha segnato il culmine della rivoluzione individualistica e antireligiosa dell’uomo, dal periodo immediatamente successivo all’opera di Cartesio, nel corso di un solo secolo e mezzo, la nuova tendenza razionalistica ha soppianto progressivamente la precedente disposizione religiosa dell’uomo. In questo periodo di transizione dalle residue società tradizionali a quelle compiutamente moderne, noi troviamo personalità travagliate, nella loro anima il riferimento alla religione tradizionale e le nuove spinte razionalistiche si mescolavano, ne risultava ancora una commistione fra la visione dell’uomo propria della religione precedente e le nuove concezioni antropologiche di tipo individualistico. Da questa mistura sono derivati nuovi sistemi di pensiero basati su una nuova interpretazione della religione, da alcuni filosofi “religiosi” sono stati fatti tentativi di conciliare le due tendenze, ma essi non hanno fatto altro che corrompere la religione tradizionale col modernismo. Altri filosofi invece non hanno esitato a promuovere le nuove posizioni razionalistiche fondando sulle posizioni galileiane e cartesiane, costoro hanno favorito l’emergenza compiuta dell’uomo moderno sviluppandone completamente i nuovi orizzonti a partire dall’ambito ermeneutico.

Noi possiamo osservare delle reazioni alla filosofia cartesiana, ma anche delle commistioni della stessa con visioni religiose, ad esempio nel giansenismo, costituito da Giansenio (1585-1638), il quale ha portato alle estreme conseguenze la teoria agostiniana della grazia, nella quale viene affermato che l’uomo, precipitato nell’abisso della carnalità a seguito del peccato originale, può risollevarsi solo con l’aiuto della grazia, in quanto egli, piegato completamente al male a causa del peccato e della reiterazione dello stesso, è ormai privo di ogni libertà individuale. Essendo però l’uomo predestinato da Dio alla salvezza o alla dannazione, nel primo caso viene aiutato dalla grazia, mentre nel secondo caso non riceve nessuno aiuto. In ogni caso la verità sfugge alla ragione umana, perché alla verità non si perviene con la ragione. Questa posizione non ha però evitato ai giansenisti di essere influenzati dalla filosofia cartesiana, infatti un importante giansenista come Antoine Arnauld (1612-1694) tentò di combinare Aristotele con Cartesio giungendo così, in qualche modo, a rendere più individualistico e intimistico il rapporto con la verità divina e con Dio. Egli accentuò allo stesso tempo il distacco dell’uomo religioso dall’autorità tradizionale e differenziò l’approccio del singolo con la religione in modo individualsitico, così favorì il nuovo rapporto dell’uomo con la fede.

Un’altra figura tipica del periodo è Blaise Pascal (1623-1662), egli era fondamentalmente uno “scienziato” che basava le sue opere sul moderno approccio fisico-matematico all’esperienza sensibile, allo stesso tempo egli presentava il tipico spirito individualistico con cui ormai l’uomo si approcciava alla religione e al dominio religioso. Pascal ha lasciato diverse riflessioni teologiche, etiche ed anche delle polemiche, in qualche modo egli rappresenta un preciso punto di passaggio fra il fedele religioso tradizionale, integrato nel dominio dell’ascolto dell’autorità, disposto docilmente al magistero ecclesiastico e il nuovo “religioso”, inteso a seguire in modo personalistico la religione, condizionato dalla nuova scienza e dal nuovo approccio al mondo. Pascal ebbe però una crisi religiosa nel 1654, che lo riportò più decisamente all’interno del dominio della fede e ne dispose il corretto adeguamento alle verità teologiche cristiane tradizionali. La stessa cosa non avvenne in altre personalità come ad esempio Malebranche (1639-1715) e Spinoza (1632-1677), i quali invece svilupparono una precisa applicazione individualistica alla religione tradizionale. Nonostante la reintegrazione della ragione nella fede, Pascal è rimasto fedele alla visione giansenistica del Cristianesimo, influenzato dai giansenisti di Port-Royal, alla fine della sua vita propose il sorpassamento dello stoicismo, da lui non ben compreso, e dello scetticismo, che ritrovò nel Cristianesimo giansenistico, con l’agostinismo. Pascal non trovò di meglio delle dottrine agostiniane per oltrepassare i “limiti filosofici” individuati e andare oltre l’orizzonte della scienza moderna che stava definendosi al suo tempo.

Altra figura tipica del periodo è quella Nicolas Malebranche (1638-1715), anch’egli si è formato in ambiente giansenistico e pur partendo da presupposti cristiani, Malebranche ha preso le distanze da essi per specifici motivi religiosi, poi ha compiuto un itinerario simile a quello di Pascal. Malebranche ha però sviluppato delle posizioni individualistiche contrarie alla tradizione teologico-filosofica cristiana, egli ha introdotto la sua prospettiva, l’ontologismo, per cui ha affermato che l’uomo “in via” possiede addirittura l’intuizione naturale delle essenze e delle Idee divine, questa posizione era contraria al magistero tomistico e a tutta la tradizione teologica fondata su di esso. Malebranche giunse fino al punto di identificare la conoscenza sensibile esteriore con la conoscenza immediata delle Idee, ciò fu possibile perché l’ontologismo è contrario alla conoscenza razionale fondata sull’esperienza sensibile, conoscenza alla quale l’uomo moderno attribuisce più validità di quanta non ne abbia. L’ontologismo favorisce però l’eliminazione della ricerca dell’intellezione pura, solo per la quale le Idee sono viste effettivamente in Dio e soltanto in Dio, ma non in modo naturale. Anche nel suo sviluppo dell’occasionalismo, Malebranche vuole fare presente l’illusione della causalità, però, di fatto, confonde la causalità naturale con la causalità divina, quindi, anche in questo caso, ribalta le cose e favorisce quanto poi verrà messo in atto praticamente dalla scienza moderna. In qualche modo Malebranche ha rimosso la dottrina della causa seconda causata relativa alla creatura e la dottrina della causa strumentale, riportando tutto alla causa prima incausata, radicalizzando così la causalità in Dio. In definitiva Malebranche reputava che solo Dio fosse l’agente, l’essere perfettamente libero e dunque ogni ente è sempre determinato nella sua causalità e nella sua libertà. Ogni ente è quindi solo “occasione” di causalità, in esso si estrinseca l’unità e la libertà di Dio, il quale è la sola Causa di tutto, il solo che ha la vera potenza di muovere i corpi e di compiere le azioni. In questo modo Malebranche si avvicina moltissimo alla visione tradizionale platonica e a quella teologica agostiniana, però incorre in alcune confusioni e varie radicalizzazioni. Rifiutando l’aristotelismo scolastico, Malebranche rifiuta anche le diverse tesi della filosofia cartesiana, nella sua opera La ricerca della verità (redazione finale 1712), definisce in cosa consistono gli errori umani e la visione di Dio, inoltre definisce come l’anima possa essere condotta definitivamente alla salvezza. L’errore dell’uomo può essere rettificato solamente ricorrendo alla grazia e alla fede, perciò anche Malebranche, partendo da determinati presupposti razionalistici, riconfluisce infine alla fede, attraverso una radicalizzazione dell’agostinismo e quindi anche prendendo la difesa della predestinazione assoluta.

Una direzione diversa è mostrata da coloro che hanno sviluppato dei sistemi filosofici individualistici basandosi su riflessioni religiose, traendo la loro filosofia da tradizioni religiose specifiche, tra di essi vi sono stati Leibniz e Spinoza. Nel caso di Leibniz (1646-1716) abbiamo una personalità che dispiega la sua opera nel senso della modernità, il suo complesso sistema filosofico è fondato su basi individualistiche, in esso si trova un tentativo di conciliare il cristianesimo protestante, un elemento già deviato rispetto alla tradizione integrale cristiana, con i risultati raggiunti dai moderni studi scientifici. Agendo secondo le modalità della nascente scienza moderna, egli si spinse a compiere studi in una vasta serie di materie e di argomenti, Leibniz spaziò dalla logica alla matematica e al diritto, si applicò alla teologia e alla scienza in generale, così giunse a maturare il suo pensiero filosofico, sostanzialmente una rielaborazione della teodicea cristiana derivata da basi agostiniane. Anche Leibniz ha ridiscusso la dottrina della causalità, ritenendo la causalità una sorta di illusione completa, questa posizione lo ha portato ad elaborare una nuova nozione di teodicea, la quale, se vogliamo, è la prima ridefinizione moderna della stessa, una revisione che però rimane viziata da diversi limiti, sia rispetto alla teologia tradizionale cattolica, sia rispetto alla filosofia classica. Il “neoplatonismo” di Leibniz è corrotto e ridotto in diverse parti, il Platonismo viene limitato all’orizzonte della grazia a causa dell’utilizzo di elementi agostiniani che ne storpiano l’integralità e la finalità. Leibniz tentò anche di ridurre la verità di religione entro i limiti della ragione, egli si proponeva di creare così una filosofia che unisse tutti i cristiani nel medesimo Dio, la sua filosofia doveva spiegare razionalmente le verità della fede, dunque Leibniz fu il precursione dell’opera che, durante il XVIII, venne poi sviluppata da Kant, il quale portò a termine il tentativo di ridurre completamente la religione nell’ambito della sola ragione naturale.

Un’altra personalità fondamentale, che caratterizza il periodo in cui si affermano l’uomo moderno e la scienza che da esso deriva, è Baruch Spinoza (1632-1677), un ebreo espulso dalla Sinagoga nel 1656 per le sue posizioni antitradizionali, in contrasto con i dogmi religiosi ebraici. L’opera di Spinoza costituisce un esempio specifico della rielaborazione individualistica dell’approccio alla religione e alla sua tradizione, egli assume la tipica posizione dell’uomo moderno che rifiuta l’autorità divina della Bibbia e l’autorità dei sacerdoti e dei maestri che avevano trasmesso la verità divina fino al suo tempo. Spinoza ha criticato ingiustamente la religione, ha detto che essa è il frutto della sola fede irrazionale, mentre la ragione porta al di là dell’obbedienza alle leggi morali presenti nella Bibbia. Spinoza ha sviluppato la filosofia cartesiana in senso panteistico, egli ha professato un pan-naturalismo e un pan-razionalismo, riducendo così drasticamente la libertà di ogni uomo e aprendo le porte al materialismo moderno. Inoltre Spinoza ha concordato con la gran parte delle posizioni definite da Hobbes (1588-1679) nel suo Leviatano (1651), nel quale si afferma che, nell’ordine di natura, nulla può essere proibito, in quanto “il diritto naturale di ciascun individuo si estende quanto la sua potenza”. Attraverso questo indirizzo Spinoza ha fondato e sostenuto teoreticamente la necessità dello stato democratico e della libertà individuale di pensiero, perciò ha promosso, già al suo tempo, la necessità di giungere ad uno stato laico moderno, che egli riteneva essere il migliore stato possibile, perché, secondo lui, assicurava la protezione e la libertà ai cittadini nel modo migliore. Lo stato democratico di Spinoza consente di attuare il più ampio individualismo, ciascun uomo, in accordo con le posizioni di Hobbes, deve vivere secondo la sua licenza, la religione non deve inibirne o controllarne la condotta in alcun modo

 

(tratto da Viola, L.M.A., Nel nome di Apollo Medico, vol. III, di prossima pubblicazione)

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