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La divina Filosofia platonica e la Sapienza divina eterna

È con Pitagora che si costituisce per la prima volta nell’occidente mediterraneo la nozione dell’unità originaria della sapienza dell’umanità, nella formulazione del Palaios Logos.

Pitagora costituì la Philosophia, riaprì la via alla Sophia Aionia, restaurò la tradizione del Palaios Logos nello Hieros Logos pitagorico, il suo Neos Logos fu provvidenzialmente adattato all’umanità, per illuminare l’ultima fase del ciclo della sua presente esistenza.

Da questa misterica definizione la nozione del Palaios Logos ha ricevuto diverse rielaborazioni, da Platone fino ai pitagorici del periodo imperiale come Moderato di Gades, Nicomaco di Gerasa ed anche Numenio di Apamea. Stabilita la perfetta concordanza fra Pitagora e Platone, i successivi platonici, da Plotino a Damascio, agirono nella precisa consapevolezza di fare parte di un’unica linea di Sapienza Divina Universale, nella sua essenza comune alle religioni e ai misteri di tutte le nazioni. Giamblico e Proclo hanno dato fondamenti metafisici precisi alla dottrina fondamentale della Sapienza Unitaria e Trascendente, inoltre hanno specificato che, dopo l’ultima teofania platonica, nella tradizione della Sophia si sono avuti solo sviluppi particolari e adattamenti parziali.

La cognizione dell’originaria unità del Logos è stata elaborata anche da personalità appartenenti alla chiesa cristiana  dando origine alla dottrina della Propaideia Christou, nella quale prevale un carattere esclusivistico ed evolutivo, che definisce in senso particolaristico e cristiano la concezione suprema dell’Unità Trascendente della Sapienza religiosa.

Giunta al Rinascimento come Prisca Theologia, è trasmessa al periodo moderno come Philosophia Perennis, la dottrina pitagorica originaria del Palaios Logosha conosciuto una specifica critica nel periodo contemporaneo da parte di René Guénon. Guénon intervenne sulla questione della Philosophia Perennis nel 1949 con un articolo dal titolo “Sanatana Dharma”, rivolto a A.K. Coomaraswamy [Guénon, Studi sull’induismo, Roma 1983, p. 99]. Guénon riconobbe un limite al termine philosophia  e dopo varie  precisazioni sui termini Sanatana e Dharma, finì per proporre la definizione di Sophia Perennis, con la quale, da un lato volle tradurre i termini Sanatana Dharma e, dall’altro, i termini “Tradizione Primordiale”.

Questa elaborazione guénoniana è stata poi successivamente rettificata da L.M.A.Viola [Viola, L.M.A., Religio Aeterna, vol. I, Forlì 2004, p. 37], il quale ha definito in modo  più completo e rigoroso i concetti di Sophia Aionia e Sophia Protogenes, termini equivalenti  a Sapientia Aeterna e Sapientia Primordialis.

La Sapientia Aeterna, essendo propria dell’Intelletto Divino, è immutabile e non manifesta, perciò è inadeguato utilizzare per essa il termine di philosophia perennis, perché la parola  philosophia indica una tendenza alla sophia, mentre il termine perennis, indica solamente la temporalità circolare, ciclica, indefinita di questa tendenza. Presa alla lettera philosophia perennis vuol dire tendenza indefinita e perpetua alla sophia, senza raggiungerla mai, perciò la locuzione esprime uno stato di cose e di conoscenza limitata priva di esito felice.

La Sapientia Aeterna immane, attraverso l’atto costitutivo dell’Intelletto, nella Ratio-Logos del Mondo, al principio della generazione dell’Anima del Mondo, secondo il modo della Sapientia Perennis, ovvero nella forma della sapienza che si esprime nel ciclo temporale integrale, della scienza suscettibile di manifestarsi nell’arco di tutto lo sviluppo ciclico del mondo. Nella Sapientia Perennis si  costituisce l’immanenza della Scienza Divina nella radice del Verbo Universale.

Infine la Sapientia Primordialis è la Sapientia presente nell’Intelletto Divino immanente nella Persona Divina Primordiale che costituisce il Principio Universale dell’umanità. La Sapientia Primordialis esprime l’intera Sapientia Aeterna in relazione ad un ciclo temporale umano determinato e specifico. E’ dunque improprio utilizzare il termine perennis sia per ciò che è propriamente aeternvs, sia per ciò che è primordiale e relativo ad un ciclo umano, perché tale ciclo non si estende alla intera perpetuità temporale. Inoltre è improprio anche l’utilizzo del termine philosophia per indicare ciò che attiene propriamente a sophia. Pertanto anche i termini proposti da Guénon, Sophia Perennis, sono solo parzialmente corretti, tuttalpiù si riferiscono solo alla immanenza della Sophia Aionianel principio della temporalità perpetua.

Alla Sapientia Aeterna va fatta corrispondere una Religio Aeterna, attraverso la quale la Persona Divina Universale media la  presenza ipostatica dell’Essere Supremo e Inqualificato nell’Esistenza Universale. Allo stesso modo alla Sapientia Primordialis corrisponde una Religio Primordialis, in virtù della quale la Persona Divina Primordiale, principio unitario di un’intera umanità e luogo di teofania integrale, rende compiutamente immanente in terra la presenza Divina Suprema.

La Religio Primordialis costituisce la religione originaria, unitaria e trascendente,  della presente umanità, religione avente un carattere metafisico integrale ed attuante una divinizzazione perfetta dell’immanenza materiale.

Principio della Religio Primordialis è la Sapientia Primordialis, che comprende in sé la visione integrale della realtà, una conoscenza  esoterica assoluta. Nella religione integrale originale domina la conoscenza metafisica suprema, la conoscenza integrale dell’Assoluto, non limitata ontologicamente, né henologicamente, un Assoluto non  ridotto alla dimensione teistica, né a quella non teistica.

Questa religione fonda su  una conoscenza divina dell’uomo e della sua funzione teofanica, così come su una visione cratofanica del mondo, attraverso questa religione viene costituita una precisa immanenza integrale del Principio Supremo in Terra. E’ fondamentale considerare come espressione di regolare costituzione di continuità della trasmissione della sapientia-religio aeterna una tradizione  religiosa o filosofica che conserva gli attributi della religione originaria e li condivide con le tradizioni spirituali che hanno conservato le caratteristiche della integralità primordiale. Nessuna restrizione limitativa dei fondamenti metafisici ed integrali della natura divina della religione originaria è ammessa, perciò il degrado a dimensioni limitate e degradate, e perciò anche illusorie, della tradizione e della realizzazione dell’Assoluto, integralmente concepito, deve essere evitato ad ogni costo. La visione metafisica suprema, quintessenziale, epignostica del Divino e della Sapienza Eterna deve imporsi sempre, ciò consente anche di conservare incorrotta la comprensione assoluta e informale dell’Unità Trascendente delle Religioni.

La filosofia pitagorico-platonica condivide l’integralità tradizionale con discipline metafisiche supreme come il Taoismo esoterico, il Buddismo Mahayana, il Vedanta Advaita, la Gnosi pneumatica cristiana, l’iniziazione ermetica, il sufismo e altre.

Perciò è propria al platonismo una metafisica dell’identità, da cui deriva anche  l’affermazione dell’Identità Suprema esistente  fra il principio dell’anima dell’uomo e il Principio Divino Supremo, l’Uno-Uno. In quanto metafisica integrale la tradizione pitagorica-platonica afferma la gnosi universale assoluta e l’autorealizzazione dell’Essere, inoltre rimarca che solo la conoscenza metafisica integrale può liberare l’essere determinato da ogni alterità per realizzare l’Identità Suprema.

Nell’insegnamento platonico l’assolutezza integrale dell’unità divina non duale è sempre immediatamente trasparente, esplicita, non rivestita  di forme mediate che occultano il Mistero dell’Essere e determinano una molteplicità di aspetti sovrapposti all’Identità Suprema. Plotino esprime rigorosamente la prassi di “identificazione” all’Uno non duale e supremo, la realizzazione della Henosis, la quale consiste nella progressiva semplificazione dell’anima fino a risolversi, con atto di estinzione della sua essenza, nel Suo Fondamento Supremo.

L’Uno, rispetto all’anima,  è lo stesso Fondamento del suo essere, Esso è sempre presente e non diverso dall’intima natura dell’anima, mentre l’anima non è che un effetto, un accidente sovrapposto all’Uno,  che appare molteplice e individuato solo in relazione alle potenze dinamiche della manifestazione o ai veicoli individuali della determinazione essenziale dell’Essere. Perciò la conversione dell’anima è una conversione al suo Fondamento immutabile, essa, attraverso la conoscenza metafisica che rimuove ogni limitazione distintiva e le relative sovrapposizioni illusorie, realizza il suo fondo come l’Uno, riconoscendosi in Esso. L’identificazione avviene attraverso una rigorosa purificazione-semplificazione, un’aplosis, che risolve nella semplicità assoluta della Identità Suprema ogni atto determinato, semplicità nella quale l’alterità, la dualità e le limitazioni, di qualsivoglia tipo, sono trascese.

È questo il nucleo arcano per il quale la Divina Filosofia pitagorico-platonica condivide a pieno titolo la perfezione della realizzazione metafisica con le autentiche tradizioni spirituali dell’Assoluto, espressioni dell’Unica Sapientia Aeterna.