L’Associazione Igea è una istituzione di filosofia medica tradizionale occidentale, la cui identità è specificamente pitagorico-platonica e italica, pertanto la sua opera è conforme alla tradizione filosofico-medica che ha trasmesso nei secoli la via all’autentica e integrale salute. Prima che la medicina fosse ridotta a semplice “cura del corpo” e dunque fosse separata dalla filosofia, l’arte di curare il corpo era integrata nella filosofia e prima ancora nella religione.

La pietas religiosa originaria è fondata sulla cultura integrale dell’uomo, la quale si occupa, fin dalla nascita corporale, dello sviluppo armonico dei veicoli di esistenza, del corpo e dell’anima, affinché l’uomo raggiunga la sua perfezione, nella prvdentia prima e nella sapientia poi, fino alla pienezza della divinizzazione. La cultura religiosa tratta sempre integralmente l’uomo nella sua essenza e nella sua esistenza, e ordina l’educazione del corpo all’anima, e quella dell’anima all’intelletto, sulla base della conoscenza sacra della relazione e delle reciproche influenze esistenti fra i principi causali e i veicoli, le facoltà e le azioni. Secondo l’igiene sacra tradizionale, un corpo di ottima costituzione favorisce una disposizione perfetta dell’anima, la quale a sua volta rende possibile la migliore attività intellettiva. Va inoltre tenuto in considerazione che l’igiene sacra, nelle civiltà religiose tradizionali, mirava a mettere in condizioni l’uomo di svolgere pienamente i suoi uffici civili e religiosi, in quanto solo uomini perfetti possono essere cittadini perfetti, costitutori e conservatori della Salute Pubblica, della pienezza della Pax e della Ivstitia nella città, secondo l’Ordine Divino.

Con la costituzione della filosofia, e con la rielaborazione delle discipline religiose su basi dialettiche, il filosofo o il religioso-filosofo hanno acquisito un ruolo di guida nell’educazione dell’uomo alla sapienza e alla giustizia, perciò fin dal principio, le scuole filosofiche hanno difeso l’unità della cultura integrale dell’uomo.

Così anche quando le diverse discipline dell’educazione fisica, morale e intellettuale della persona furono distinte, non vennero mai considerate separate e indipendenti, ma strettamente unite per il fine unico di sapienza.

In particolare alcune discipline relate al corpo, come la ginnastica e la dietetica, furono conservate, in generale, all’interno della medicina. In particolare, in Ippocrate, la gymnastike, quale disciplina integrale dell’esercizio corporeo, bilanciata con il regime alimentare, in funzione della realizzazione dell’ottima costituzione fisica, rimase integrata nella Hygieine. L’igiene, in senso lato, ha lo scopo di mantenere e sviluppare la salute, costituisce una parte della Iatrike, della scienza e dell’arte della salute, intesa secondo la sua accezione arcaica, utilizzata ancora da Platone, nella quale è inclusa anche la therapeutike, la quale si occupa del ripristino dello stato di salute.

Nell’ottica religiosa, e poi filosofica, la salute è assiologicamente primaria, perciò è antecedente allo stato di malattia, dunque la sezione della medicina che si occupa di preservare la salute o accrescerla, nella misura del possibile, è superiore alla seconda sezione, quella che si occupa del recupero della salute.

In ogni caso la filosofia deve essere considerata come la vera medicina, perché rappresenta realmente l’arte della salute, e costituisce i modi per realizzarla nella sua pienezza. Il filosofo è vero medico, perché è il solo che possiede la sapienza e può condurre alla sapienza, egli sa ordinare adeguatamente  il corpo e l’anima alla salute intellettuale, non riduce mai la scienza della salute alla sola anima, o peggio al solo corpo, ben sapendo che in tal modo toglie consistenza ontologica alla salute, e la limita all’impermanenza, cioè, di fatto, alla inconsistenza, al non essere.

Se lo scopo della medicina è la salute, la filosofia è l’autentica medicina e il filosofo il vero medico. Il filosofo-medico è il solo che conosce veramente la scienza dei fattori salutari e dei fattori morbosi, egli non direbbe mai che l’uomo è sano se il corpo si trova in condizioni tali da svolgere le funzioni naturali senza impedimento, oppure se l’uomo si trova in uno stato di “benessere”. Egli non si occupa di custodire la vita ad ogni costo, perché la vita, in sé, è un elemento dal valore indifferente, può essere buona se ordinata a sapienza-virtù o malvagia se ordinata a ignoranza-vizio, perciò il vero medico preserva la vita per la sapienza e riorienta la vita alla sapienza. Il filosofo è essenzialmente un igienista, orientato all’igiene intellettuale, alla quale subordina l’igiene dell’anima e del corpo, diventa terapeuta quando deve recuperare l’uomo che ha deviato dalla via della salute. Il filosofo-medico prende in cura l’uomo fin dalla nascita e lo educa nella triplice igiene finalizzata alla sapienza-salute. Se non può fare altrimenti, prende in cura l’uomo in altre fasi della vita, un uomo deviato, limitato, sviato, che ha smarrito la via di salute, e lo riconduce ad essa. Allora la sua azione consiste nella rettificazione dei vizi del corpo e dell’anima che affliggono l’uomo a causa di una vita condotta fuori dalla misura, e distolta dal fine di bene a cui è destinata, questa azione riposiziona l’uomo nello stadio dell’igiene integrale inerente al suo stato di malattia-vizio, affinché riprenda correttamente la disciplina di realizzazione della salute.

Per cui i filosofi più importanti, da Pitagora a Empedocle, da Platone ad Aristotele, sono stati esperti nell’arte medica, intesa nella sua integralità, quella integralità che in Pitagora viene fondata e in Platone viene sistematizzata, con l’apparente distinzione delle arti che si occupano del corpo e di quelle che si occupano dell’anima, in funzione della realizzazione della sapienza-giustizia. Però, già in Ippocrate, e specialmente nella medicina ellenistica, la distinzione delle due arti si fece più netta e una certa separazione fra di esse ebbe a svilupparsi, senza andare a compimento. Certamente fino a Galeno, nonostante un maggiore rivolgimento dell’attenzione del medico ai piani inferiori dell’igiene, e un certo sbilanciamento verso il corpo, non fu abbandonata l’unità esistente fra medicina e filosofia, così fu anche nei secoli successivi, fino al XVIII, nei quali si sviluppò la fortuna del galenismo.[1]

Secondo Galeno il vero medico non può non essere anche vero filosofo:

Cosa manca dunque ancora perché il medico non sia filosofo, il medico che esercita l’arte in modo degno di Ippocrate? Infatti se per scoprire la natura del corpo e le varietà di malattie e le indicazioni di rimedi occorre essere esercitati nella teoria logica; se, perché persista l’amore delle fatiche nell’esercizio di tali cose occorre disprezzare le ricchezze e coltivare la temperanza, avrà già tutte le parti della filosofia, la logica, la fisica e l’etica. Non c’è timore infatti che disprezzando le ricchezze e coltivando la temperanza commetta qualche ingiustizia: infatti tutte le imprese che gli uomini osano ingiustamente le fanno convinti dell’avidità di ricchezze o affascinati dal piacere. Perciò è necessario che abbia anche le altre virtù: esse vanno tutte assieme e non è possibile che, se se ne conquista una, non si abbiano di seguito tutte le altre come legate ad una sola corda. Pertanto se ai medici è necessaria la filosofia per l’apprendimento iniziale e per il successivo esercizio è chiaro che chi è un vero medico, è sempre anche filosofo. Sul fatto che ai medici abbisogni la filosofia per adoperar bene l’arte non credo abbia bisogno di dimostrazione chi ha visto spesso che gli avidi di ricchezze sono spacciatori di droghe, non medici, e usano l’arte per fini opposti a quelli a cui è destinata per natura.[2]

La critica dei falsi medici, dedita al denaro e alla lussuria, è costante in Galeno:

Sicché bisogna che la persona che vorrà diventare tale non solo disprezzi le ricchezze, ma che sia estremamente amante delle fatiche. Non è mai possibile che sia amante delle fatiche uno che si ubriaca o si riempie di cibo o si dà ai piaceri venerei o per dirla in breve serve ai genitali e al ventre. Si è trovato perciò che il vero medico è compagno della temperanza come della verità.[3]

Una critica simile, ma ancora più profonda, effettuò Paracelso, dopo tredici secoli, prima di ripresentare una dimensione superiore della medicina che da secoli i “falsi medici” avevano smarrito.

La medicina tradizionale è una scienza e un’arte sacra, di essa va affermata la scientificità integrale, in quanto espressione della scienza metafisica integrale, mentre la cosiddetta “medicina scientifica”, che si contrappone alla medicina tradizionale e si reputa superiore ad essa, non è che un’espressione della più completa ignoranza metafisica. La medicina moderna/postmoderna non è basata sulle “evidenze”, ma è frutto dell’oscurità della conoscenza sensibile ed empirica, alla quale si affidano esclusivamente i suoi sostenitori, dopo aver abbandonato per principio la conoscenza delle cause, la sola scienza possibile, la scienza dell’universale.

Che cos’è ciò che è sempre e non ha generazione? E che cos’è ciò che si genera perennemente e non è mai essere? Il primo è ciò che è concepibile con l’intelligenza mediante il ragionamento, perché è sempre nelle medesime condizioni. Il secondo, al contrario, è ciò che è opinabile mediante la percezione sensoriale irrazionale, perché si genera e perisce, e non è mai pienamente essere.[4]

Dunque ciò che è immutabile ed eterno è propriamente intelligibile, mentre il mutevole e temporale è opinabile, è del primo dominio, universale, che si può avere scienza, mentre del secondo dominio solo opinione.

La vera scienza è metafisica, attiene alla realtà, all’essere, alla verità, l’opinione attiene al domino fisico-cosmologico che è esitenza e apparenza, perciò dipende dal dominio metafisico, come l’opinione dipende dalla scienza, la quale è propriamente dell’universale e non dell’individuale determinato. L’opinione è mutevole, incerta e aderisce all’apparenza-illusione quando è scollegata dalla scienza autentica.

Platone dice magistralmente, nel Teeteto, che è l’anima, e non i sensi, che attinge la scienza[5], e che la scienza attiene alla visione delle idee eterne[6], inoltre afferma che anche le opinioni vere non hanno stabilità ontologica, finché non vengono fissate con la conoscenza delle cause[7].

Pertanto tutto ciò che si limita alla empeiria, all’esperienza sensibile, dunque all’empirismo, alla sperimentazione, non ha alcun valore di scienza, perché attiene alle ombre o alle immagini, e non alla luce[8], all’intelligibile, che può essere colto solo con la pura intelligenza.

Ma la presunta scienza moderna si è proprio costituita negando la realtà metafisica delle cause trascendenti, e allo stesso tempo ha misconosciuto l’intelletto sovrarazionale, che ha la capacità di coglierle, perciò ha eliminato la possibilità di attingere alla verità e di realizzare la scienza vera.

Dopo aver abbandonato la conoscenza metafisica, è stata abbandonata anche la conoscenza fisica tradizionale, non più comprensibile, la medicina “scientifica” moderna ha così sostituito alla certezza della Sapienza Divina, relativa all’origine dell’uomo, alla sua natura, al suo fine, al suo Bene, alla sua salute, una serie di “verità probabili”, di opinioni basate sulla empiria e sulla congettura, che costituiscono il capovolgimento diabolico e parodistico della prospettiva medica, religiosa e filosofica, tradizionale, e del suo fine di autentica salute, basata sulla certezza metafisica della verità eterna.

La medicina sacra tradizionale è per sua natura simbolica, mentre la medicina profana moderna è per sua natura diabolica, la prima fonda sulla conoscenza metafisica dell’Essere Eterno, dalla quale procede la conoscenza seconda delle cause della manifestazione universale e individuale e del fine degli enti esistenti, la seconda fonda sulla negazione della conoscenza metafisica dell’Essere e perciò è condizionata dalla illusione del non essere e dall’ignoranza che da esso procede.

La medicina tradizionale individua nell’opera della Ragione Universale il dispiegamento dell’alterità e la costituzione delle ragioni seminali dalle Idee Eterne, ragioni la cui mediazione rende possibile l’immanenza dell’intelligibile nel sensibile. Per la scienza sacra la natura del sensibile è simbolica, perciò ogni ente fenomenico, per essere compreso, deve essere sempre fatto risalire al suo principio noumenico, al suo referente primario, cioè al suo significante intelligibile, del quale è proiezione. Attraverso il principio dell’analogia e fondando sull’azione anagogica, colui che si applica alla scienza sacra esercita la funzione unificante e rilegante propria alla ragione religiosa, la quale viene accordata alla Ratio universale. Grazie a questa azione di tipo mercuriale-ermetico, ogni effetto è ricondotto alla sua causa, perciò è riletto-rilegato al suo principio causale. La lettura e l’interpretazione anagogica dei fenomeni sensibili, in quanto segni-simboli dell’intelligibile, costituisce il fondamento dell’ermeneutica sacra, per la quale l’intero universo fisico è riletto o rilegato al suo Principio Causale Eterno, che è di ordine metafisico. Questa azione anagogica dell’intelligenza riflessa immanente, costituisce l’essenza stessa della re-ligio tradizionale.

È in virtù di una lettura simbolica, rilegante e religiosa, che unifica l’intera sfera transeunte del divenire con la sfera eterna e trascendente dell’Essere, che è possibile intelligere il senso autentico del segno sensibile. Quando il fenomeno sensibile viene separato dal suo significante trascendente e intelligibile diventa oscuro, la sua ragione d’essere non può essere conosciuta, perciò nemmeno il fine per cui è stato costituito nell’ordine dell’universo.

Il termine simbolo o sym-ballo, significa ‘unisco insieme’, il simbolo dunque costituisce ciò che unisce insieme. Tradizionalmente il symbolon rappresentava una delle due parti di un ente originariamente unitario, poi diviso specularmente. La figura intera originaria dell’ente poteva essere ricostruita, e dunque riconosciuta, solo riunificando le parti divise nell’unità originaria. La parte spezzata, o separata dall’intero ente, ha però senso simbolico solo quando è unita assieme alla sua controparte, perciò può essere definita simbolica quell’azione che ricostituisce l’unità delle parti e permette di intelligere la parte, precedentemente divisa, nell’unità ricostituita dell’ente originario. Una tale azione è propria di tutte le scienze sacre tradizionali.

L’ente sensibile costituisce la controparte “staccata” di un ente intelligibile unitario, esso può essere compreso nella sua natura solo se relazionato, prima, e reintegrato, poi, e dunque unificato, al suo principio significante, perciò il suo senso reale può essere colto solo se trattato come un simbolo dell’ente intelligibile significante. Se l’ente sensibile non è ricomposto nel suo principio intelligibile, se non viene trattato come simbolo, non può essere adeguatamente compreso, e dunque conosciuto nel suo essere reale, in alcun modo, perciò la sua natura, la sua essenza, e dunque il suo fine, rimarranno sempre oscuri. Resta evidente che, solo reintegrato nell’unità originaria intelligibile, l’ente sensibile acquista il suo significato.

L’uomo, in quanto simbolo di Dio, può essere spiegato e compreso solo se riferito a Dio, al suo Principio Eterno. Quando il segno uomo non è trattato simbolicamente si presta ad interpretazioni erronee, deviate o invertite, la sua natura di effetto non è più relazionata correttamente alla sua causa trascendente, perciò il segno uomo, l’anima umana fatta ad immagine-simbolo di Dio, smarrisce la via della trascendenza, del superamento della sua contingenza. In tal modo l’anima dell’uomo perde ogni possibilità di essere liberata dal male, si aliena nell’errore-errare a causa della privazione autodistruttiva della conoscenza metafisica del suo vero essere e dunque del suo vero fine. Quando l’ente animico fenomenico, avente polarità duplice, sensibile e intelligibile, viene letto male, perciò viene interpretato erroneamente, in modo capovolto rispetto alla sua natura simbolica, ad esso viene attribuita una connotazione dia-bolica.

Il termine dia-bolon significa il contrario del termine sym-bolon, esso indica ciò che separa, ciò che disunisce, ciò che distingue e allontana dall’unità originaria[9]. In virtù della sua forma ogni ente sensibile è un signvm, cioè sig-nvm, espressione, traccia, del nume, NM-, dell’attività determinante e intelligente della MNS, della Mens divina. Ciascuno degli enti esistenti è stato fatto segno, è stato significato dal suo principio significante, principio nel quale è riposta l’intelligibilità dell’ente sensibile stesso. L’ente fenomenico è partecipe di una dimensione mediana, perciò è suscettibile di una duplice connotazione, se viene letto rettamente, cioè nella sua causa, nella forma intelligibile, risulta essere signvm, e specificamente symbolon, se letto perversamente, cioè secondo la sua apparenza sensibile e materiale, e perciò separato dalla sua causa formale intelligibile, appare distinto, separato, diabolon, il suo senso reale rimane occultato e ad esso se ne sostituisce un altro, erroneo.

Ciò che legge l’ente sensibile come segno è la ragione simbolica e religiosa, la quale esercita un’attività ermeneutica analogico-anagogica, sintetica e unificante, che si dispiega nel dominio della scienza sacra. Mediante la lettura simbolica, la ragione religiosa riunisce, rilega il segno immanente al suo significante trascendente. Quando la ragione non è disposta religiosamente esercita un’attività catalogico-catagogica, analitica e separante, dunque opera in modo diabolico e antireligioso, quindi separa illusoriamente l’ente dal suo significante causale, negandogli la natura di segno e specialmente di simbolo. Nel primo caso l’attività simbolica della ragione si dispiega nell’attuazione della scienza sacra o angelica, nel secondo caso l’attività diabolica della ragione si dispiega nella “scienza” profana e demonica.

Quando la ragione nega la sua causa trascendente, spezza l’unità con l’Intelletto suo principio e il mondo intelligibile, esclude la sua natura mediatrice e polare e si ritiene illusoriamente autonoma e indipendente. In tal modo l’accesso alla scienza sacra degli enti, e dunque alla verità della loro natura e fine, è resa impossibile, mentre si offre la sola possibilità dell’attività razionale diabolica, mediante la quale la ragione provvede, in ogni suo atto a “decapitare” l’immanenza, sensibile e fisica, della trascendenza, intelligibile e metafisica. La ragione staccata da Dio e dall’Intelletto, si isola in tal modo nel dominio demonico retto dal principio diabolico e maligno, inerente la materia. Chi esercita la ragione in modo perverso soggiace alla malia relativa alla diabolicità degli enti alienati e isolati illusoriamente dall’Essere. La ragione opera in modo perverso e diabolico quando eleva l’illusione a verità, l’irreale a realtà, l’accidentale a sostanziale, l’esistenziale a ontologico, ecc., capovolgendo l’ordine dell’Essere. L’azione occultante e velante che la ragione ignorante, superba e diabolica, produce, è maligna e ammaliante, chiunque vi sia sottomesso giace nell’illusione e nel male, e subisce tutto ciò che una tale situazione allucinatoria comporta.

L’azione diabolica della ragione si esprime specialmente nel separare il divenire dall’Essere, l’anima dall’Intelletto, il sensibile dall’Intelligibile, l’effetto dalla Causa, l’uomo da Dio. Questa azione domina oramai l’umanità intera, nella quale alla scienza sacra tradizionale si è sostituita la pseudoscienza profana, il cui fondamento è costituito dalla negazione del dominio metafisico e intelligibile dell’Essere. Dopo che ha rimosso dal suo orizzonte il senso simbolico degli enti sensibili, la vuota scienza moderna ha ridotto catagogicamente ogni fenomeno alla materia, compiendo così un’azione diabolica in senso diretto e specifico. L’anima dell’uomo che soggiace al potere diabolico della falsa scienza profana è destinata a prendere la via degli inferi, in quanto la via anagogica alla trascendenza, ai superi, le è stata negata, per essere sostituita dalla direzione catagogica che conduce l’ente al suo annientamento nel non essere, soggezione al male radicale.

Quando la natura simbolica del segno è negata, la possibilità anagogica implicita in esso, nella sua retta interpretazione come simbolo, è annullata, così la contingenza, la separatività, il divenire non possono più essere trascesi, e con essi il male. La falsa scienza, di natura diabolica, ha decapitato l’intero universo sensibile della trascendenza e della intelligibilità, perciò ha negato la conoscenza sacra nella quale è riposta la perfetta conoscenza simbolica del mondo e dell’uomo. Grazie alla scienza sacra può essere compiuta l’intellezione degli enti determinati, secondo la loro ragione essenziale, questa scienza, fondata sull’Intelletto Divino, è propria alle tradizioni religiose e filosofiche regolari delle diverse civiltà e consente di reintegrare il causato nella causa, di ricomporre l’esistente nell’unità dell’Essere, risolvendo ogni malia. Alla scienza sacra è stata sostituita la “conoscenza” profana, sensibile, oscura, una falsa conoscenza degli enti che si è costituita mediante un’interpretazione congetturale, fantasiosa ed impropria dei segni sensibili. La falsa scienza non potrà mai svelare l’effettivo significato degli enti sensibili, perciò non potrà mai consentire all’uomo di conoscersi e di realizzare il suo bene. A causa del suo statuto, la pseudoscienza profana dovrebbe essere definita più correttamente “ignoranza diabolica”, una ignoranza che si arroga superbamente la conoscenza.

La proposta dell’incontro della tradizione religiosa con la scienza moderna, sostenuta anche da diverse sedicenti “medicine alternative”, equivale a proporre l’incontro della verità con l’illusione. Tradizione religiosa, o anche scienza sacra, e scienza moderna, non sono due verità relative, valide ciascuna nei loro piani, perché la seconda è scienza relativa e quindi illusoriamente valida, perciò non può essere correlata con la vera scienza che non è relativa, ma realmente valida, in quanto non è fondata sull’illusione. L’illusione di conoscenza offerta dalla pseudo scienza moderna deve essere risolta, come tutte le illusioni e le “verità relative”.

Ogni determinazione esistenziale distingue una visione relativa e perciò una proiezione illusoria sulla Realtà Suprema, perciò se si vuole conoscere la verità nella pura oggettività, ogni visione relativa va trascesa, su ogni piano. Se a livello dell’ego sensibile una data conoscenza appare “valida”, essa non ha realmente validità dal punto di vista superiore dell’ego razionale o, a fortiori, dal piano della verità essenziale o persino suprema. Ogni rapporto fra “verità relativa” e verità assoluta è di negazione risolutiva della prima nella seconda, la prima ha la natura dell’apparenza, la seconda ha la natura della realtà.

La Luce della Scienza sacra dissipa la tenebra illudente della “scienza” profana e rende evidente la sua mancanza di qualsiasi validità. La Scienza tradizionale è integrale e comprende tutti i domini, incluso quello contingente, sensibile e corporale, essa consente di “leggere” o “legare” ogni ordine di esistenza nel principio dell’Essere, perciò è scienza “religiosa” per eccellenza. Ogni fisica tradizionale ha le sue fondamenta nella metafisica integrale, in tal modo ogni divenire, ogni esistere, è intelligito secondo verità dall’Ente essenziale o dall’Essere Puro. La fisica e la tecnica moderne costituiscono la sostituzione dell’illusione alla realtà, in quanto i fenomeni e gli enti corporei sono trattati a partire dalla “allucinazione”. Si può dire che la scienza moderna costituisce la percezione illusoria del serpente al posto della corda, e la tecnica, e la vita che derivano da essa, sono fondate su tale suggestione falsante. La scienza sacra e tradizionale è scienza della corda, della realtà, essa fonda il rito, la legge e l’arte che ordinano la civiltà e la persona tradizionali, in ogni loro aspetto, in conformità all’Essere Vero, perciò li radicano permanentemente in Esso.

Le dottrine tradizionali relative ai “gradi” della verità indicano nella Suprema Verità l’unica verità reale e possibile, mentre le “relative” verità sono considerate limitazioni illusorie dell’unica ed autentica verità. Nella tradizione platonica il dominio dove opera la scienza moderna equivale alla “pianura dell’oblio”, contrapposta alla “pianura della verità”, della vera scienza intelligibile eterna.

Nella tradizione buddista Paramārtha Satya è la Verità Assoluta, che corrisponde alla Conoscenza Suprema, Sarvaprajña, ogni tipo di Saṁvrti Satya, verità con alterazioni, modificazioni, viene considerata frutto di conoscenza illusoria, apparenza, di ciò che è percepito dall’ignoranza, di ciò che sembra essere ma non è.

La scienza moderna spoglia del loro significato simbolico gli enti sensibili, perciò non li riconduce alla loro causa, ciò comporta lo sviluppo di un’azione pervertente, contraria a quella di ogni religione tradizionale. L’interpretazione perversa e diabolica dei segni naturali è fondata su ignoranza e superbia, quando l’ignoranza superba diventa esclusiva e si eleva erroneamente a conoscenza autentica, presumendo di rappresentare l’unica vera conoscenza, l’unica conoscenza possibile, allora raggiunge il culmine della sua malignità. Nella superbia della pseudoscienza profana, la conoscenza falsa, derivata dall’esperienza allucinatoria del sensibile, viene considerata l’unica conoscenza possibile, tutte le applicazioni che derivano da questa scienza ingannevole o diabolica, sono considerate “scientifiche”, le sole degne di questo nome. L’errore metafisico e l’illusione così costituiti vengono poi imposti a tutti gli uomini, ciascuno dei quali deve ritenere che quanto la “scienza” moderna dice sia l’unica verità possibile. Su questa “verità” a rovescio viene edificata la civiltà diabolica odierna, vera e propria civitas diaboli, nella quale il male regna incontrastato in ogni dominio.

La medicina moderna, e specialmente quella postmoderna, sono “scienze” e “arti” in cui si esprime l’azione del diabolon, per via della quale l’animo dell’uomo è negato e la sua anima è condotta verso il basso, verso la materia e ridotta al corpo. Queste false medicine hanno negato l’Essere, la dimensione metafisica e la trascendenza, inoltre hanno negato anche l’Intelletto eterno, l’anima, e persino la forza vitale e la natura degli umori. A causa della loro azione diabolica, separativa e alienante, hanno ridotto l’uomo ad un flusso di elementi corporali impermanenti, togliendo ad esso ogni identità ontologica permanente, perciò lo hanno privato della possibilità di trascendere il divenire e la morte e dunque gli hanno negato ogni possibile realizzazione della salute.

La catalogia analitica, contraria alla direzione sanante propria all’analogia sintetica, è visibile nella medicina postmoderna in tutta la sua completezza, quest’ultima ha frantumato l’intero dell’uomo e persino l’intero del suo corpo, costituendo una serie indefinita di specializzazioni cliniche che riguardano solo particolari sistemi o parti del corpo dell’uomo, o addirittura cellule o molecole dello stesso, senza dare più alcuna connotazione simbolica e sacra a questi elementi.

La medicina convenzionale e “scientifica” postmoderna, costituisce la più completa degenerazione dell’autentica medicina, la sua completa sovversione, i suoi esponenti svolgono la funzione di favorire l’ultima fase della catabasi dell’anima umana, la quale da essi è condotta alla sfigurazione demonica piuttosto che alla trasfigurazione angelica. Inoltre l’azione massiccia e capillare dei falsi medici, e delle organizzazioni della falsa medicina, funge da sbarramento per un adeguato recupero dell’anima alla via che conduce alla salute. Nella medicina profana, una volta eliminata l’attività analogica della ragione, e quindi la possibilità della sua elevazione anagogica all’Intelletto divino, mediante la contemplazione simbolica, base della disciplina filosofico-religiosa della medicina tradizionale, è stato reso impossibile il percorso della via alla salute.

Disconoscendo l’origine metafisica dei fenomeni, la falsa medicina attuale li reinterpreta in modo erroneo, rovesciato, diabolico, costituendo una parodia della scienza medica sacra e tradizionale, rinchiudendo chiunque si adegui ad essa nell’allucinazione, nella malattia perpetua. L’anima dell’uomo che si assoggetta al dominio diabolico della medicina profana postmoderna non potrà che sprofondare sempre più nel corporeo, nella parte inferiore dell’essere, e perciò agli inferi, realizzando gli ultimi gradi della catabasi dell’anima, catabasi che interessa ormai l’intera umanità, fino al suo annientamento.

Sulla stessa linea della medicina postmoderna si collocano le diverse pseudomedicine naturali moderne e postmoderne, come ad esempio la “naturopatia”, parodia della medicina naturale tradizionale, e le medicine olistiche e spiritualistiche, costituite da sincresi e plagi delle medicine religiose tradizionali, fatte a brani e limitate all’orizzonte dei loro parassiti, per essere impiegate in modo utilitaristico per fini contrari a quelli per cui sono state create. Le medicine religiose tradizionali più saccheggiate sono la medicina cinese e quella indiana. Gli indirizzi salutistici dati dalle medicine spiritualistiche sono i peggiori nel panorama attuale delle diverse “medicine”, ciò che viene propugnato da diverse organizzazioni facenti capo a questi orientamenti costituisce la compiuta realizzazione a rovescia della salute, perciò l’esito più negativo a cui l’anima può andare incontro.

Nelle false medicine non si può parlare di risanamento, sotto ogni profilo, in quanto in esse non è presente la conoscenza della salvs, né la sapienza medica che consente all’animo di attuare l’ignizione divina e la palingenesi autentica. Al contrario esse contribuiscono a mantenere l’animo nell’illusione, nell’oblio e quindi nel male, oltre ad intensificare la sua soggezione ad esso, a diversi livelli. Diversi falsi medici, dietro le sembianze di benefattori, nascondono le peggiori insidie, questi agenti dell’azione velante, ammaliante e diabolica, accrescono il male del soggetto con ogni loro operazione. La medicina e il medico, che si pongono fuori dalla tradizione sacra, sono soggetti a fallire, la cura dell’uomo, più o meno globale, che essi presentano non è che illusione. Ogni indicazione medica, che non conduca alla perfezione di sapienza, secondo l’indirizzo integrale della religione e della filosofia tradizionale, è erronea e maligna, perciò conduce l’animo allo smarrimento, impedendogli di realizzare la vera salute.

[1]                 Celso, De medicina, Prefazione.

[2]                 Galeno, Il miglior medico è anche filosofo, III, 60-61.

[3]                 Ibidem, III, 59.

[4]                 Platone, Timeo, 27d-28a.

[5]                 Platone, Teeteto, 184c.

[6]                 Ibidem, 203c.

[7]                 Platone, Menone, 98a.

[8]                 Platone, Repubblica, 511a.

[9]                 Viola, L.M.A., Religio Aeterna, vol.I, Forlì 2004. Cap. XVII Harmonia Mvndi. Analogia, sintema, simbolo, immagine, pag. 211.

 

 

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