Le religioni sono istituzioni fondate sulla conoscenza metafisica integrale, ma anche esse possono andare incontro ad una relativa catabasi, in ogni modo conservano sempre la struttura della disciplina conoscitiva e anche il deposito della scienza sacra trascendente nei loro miti, nei loro simboli e nei loro rituali, consegnati dalla tradizione autorevole. Perciò gli uomini religiosi qualificati, regolarmente praticanti una vita religiosa, possono sempre percorrere tutti i gradi della via della conoscenza, fino ad accedere alla conoscenza metafisica perfetta dell’Essere Divino Integrale.

La migliore maniera per esprimere in modo mediato la conoscenza metafisica di ordine sovrarazionale, o addirittura di ordine sovraintellegibile, è costituita dal simbolismo, la cui funzione “religante”, religiosa, non può essere sostituita efficacemente da altri strumenti mediatori. È certamente significativo che il degrado del linguaggio, che ha avuto luogo con lo sviluppo della filosofia moderna, fino a costituire la linguistica attuale, abbia comportato un abbandono del linguaggio mitico, simbolico, enigmatico e parabolico tradizionale. In questo modo è stato eliminato lo strumento primario che consente alla conoscenza discorsiva, di carattere esteriore, di agganciare l’intellezione di carattere trascendente, favorendo il moto anagogico della ragione. Solo così la ragione può accedere immediatamente al referente metafisico del simbolo, il synthema, perché si risolve nell’intelletto e nell’intellezione intellettuale dell’essenza del dato conoscitivo. Quando il simbolo religioso, che permette di rilegare l’intelligenza distintiva, la ragione, all’intelligenza unitaria, l’intelletto, non è più affrontato secondo l’ascesi contemplativa tradizionale, viene separato dal suo contesto sacro, per essere trattato in modo profano, così finisce per essere utilizzato in modo sovversivo, servendo all’attività catagogica-catabasica di tipo diabolico. Come vedremo più avanti, nella seconda fase dell’azione antitradizionale ha avuto luogo la sovversione completa di ogni ordine legittimo di cose, perciò diverse personalità e organizzazioni hanno operato in modo tale da neutralizzare la portata realizzativa, “salvifica” e ontologica, del simbolismo sacro proprio ad ogni religione. L’azione sovversiva prima si è occupata della negazione del significato trascendente, religioso e salvifico, dei simboli, perciò ha sviluppato una riduzione del loro statuto in senso fenomenologico e psicologico. Questa prima operazione è servita per preparare una sorta di “neutralizzazione culturologica” del simbolo, che ha permesso a diversi studiosi e culturalisti profani di applicarsi al deposito della sapienza religiosa in modo del tutto esteriore e profano, per sviluppare su di esso studi eruditi astratti, senza alcuna applicazione alla contemplazione spirituale del simbolo religioso. La speculazione profana sul simbolo, anche quando è corretta, confina nell’erudizione esteriore ed accresce l’alienazione dell’anima dalla realtà dello Spirito.

A questa fase “razionalistica” del riduzionismo del simbolismo religioso, è seguito un ulteriore abbassamento di piano. La dimensione simbolica è stata considerata “irrazionale”, perciò è stato proposto un approccio al simbolo con la facoltà individuale dell’immaginazione. Gli studiosi profani delle religioni reputano che il simbolismo presente nelle religioni antiche sia il frutto di un’attività immaginativa sfrenata, priva di ogni razionalità, un risultato prodotto da uomini in cui la fantasia non aveva ancora raggiunto, con l’evoluzione, un grado di controllo razionale adeguato. Perciò gli uomini “primitivi” o “antichi”, proiettavano sulla “realtà”, intesa come natura sensibile, come fenomeno, immagini fantastiche, che servivano a dare una spiegazione “non scientifica” delle cose. Questa interpretazione sovversiva dell’origine del simbolismo porta inevitabilmente a ridurre il fenomeno religioso ad un fenomeno psicologico individuale, strettamente limitato all’immaginazione di soggetti irrazionali non evoluti. È facile comprendere quale sia il motivo per cui diversi studiosi profani hanno detto che le religioni sono state il frutto di uno sforzo estremo, volto a cercare di interpretare la realtà e il mondo, senza venirne a capo. I positivisti credono che l’umanità, nel periodo che ha preceduto lo sviluppo del razionalismo, avvenuto nel XVII secolo, fosse immersa in una sorta di coscienza sognante, immaginosa, e perciò gli uomini non avessero una percezione chiara della realtà, una percezione che si è fatta chiara solo con lo sviluppo del razionalismo, in particolare con la definizione della scienza moderna, a partire dal XIX secolo. Questa tendenza è stata portata alle estreme conseguenze da Hegel, il quale ha favorito la riduzione del senso del simbolismo alla dimensione psicologica, riduzione da cui ne sono derivate altre ancora peggiori, che hanno teso a fare dei simboli un’espressione degli “archetipi dell’inconscio collettivo”, o persino delle produzioni di malati psichici. Questo indirizzo riduzionistico ha favorito la neutralizzazione dell’effetto salvifico che i simboli religiosi presentano, ma non solo, ha preparato l’interpretazione sovversiva dei simboli, a causa della quale il loro senso originario è stato capovolto, producendo un risultato diabolico, che ha favorito lo smarrimento e l’annientamento dell’anima nel principio maligno radicale.

Ogni corruzione del simbolismo religioso tradizionale equivale alla corruzione del linguaggio sacro attraverso cui ogni religione esprime la conoscenza sacra di ordine intelligibile ed eterno. In assenza del linguaggio simbolico, che permette la mediazione alla ragione di ciò che in sé non è esprimibile se non attraverso l’intellezione angelico-ermetica, non è possibile congiungere la vetta della razionalità analogico-riflessa con la base dell’intellettualità irriflessa di ordine sovrarazionale. Il simbolo religioso è l’elemento che consente di arrestare ogni discorsività circolare, circondante l’Idea, nel punto in cui l’Idea essenziale è colta immediatamente. Il simbolismo religioso è la lingua metafisica per eccellenza, la stessa parola rientra in questa dimensione, quando è religiosa; perciò la struttura, la forma, l’articolazione del linguaggio devono essere costituiti in modo che l’anima dell’uomo non si alieni dal suo fondamento divino trascendente. Questa concezione costituisce il fondamento delle lingue sacre di tutte le religioni, le quali più sono arcaiche più presentano una grafia simbolica e una struttura attuativa di tipo anagogico, che, attraverso l’uso del linguaggio e dei segni, consentono di fare aderire l’anima alla realtà metafisica trascendente.

Come è noto, l’origine del linguaggio è teofanica, così come il mondo e l’uomo, e l’apprendimento del linguaggio da parte dell’anima equivale ad una ascesa nei gradi della teofania, fino a raggiungere la comprensione delle radici inespresse di ogni linguaggio mediante l’esperienza dell’unione divina. Le linguistiche, le grammatiche, le retoriche, le dialettiche religiose hanno questi fondamenti, anche il magistero platonico, che ha permesso l’articolazione dialettica della conoscenza mitica, è fondato sulla legge metafisica dell’analogia dell’essere, la quale consente di elaborare la modalità migliore dell’intellezione non simbolica, per orientarla, mediante l’attività dialettica pura, alla dimensione del mito e dunque del simbolo ineffabile, risolvendo la soggezione dell’anima all’esteriorità dell’apparenza nell’interiorità della realtà. Attraverso il migliore “discorso verosimile”, cioè simile al vero, è possibile innescare l’attività dell’intelligenza anagogica, ovvero religiosa o ermetico-mercuriale, la cui elevazione alla dimensione apollinea dell’essere consente di cogliere direttamente l’essenza del vero.

L’espressione simbolica delle essenze intelligibili costituisce la migliore mediazione espressiva della realtà metafisica ineffabile, attraverso l’assunzione anagogico-contemplativa del simbolo religioso la discorsività riflessa si semplifica in modo opportuno, fino a che il simbolo mediatore viene trasceso nell’intellezione immediata del synthema. Lo stesso discorso vale per il mondo e per l’uomo. Il mondo non è che la migliore mediazione rappresentativa simbolica di ciò che è costituito in modo sintetico, unitario e inespresso nell’essenza del suo Principio. Non può darsi un adeguato approccio al mondo, se non mediante una sua assunzione simbolico-religiosa, lo stesso si può dire dell’uomo, se l’uomo non assume se stesso e il mondo come simboli del loro Principio, non può costituire se stesso in modo religioso, né dare alla sua condotta di vita una forma rituale teofanica e anagogica.

Il simbolo è il veicolo più adeguato per esprimere la verità divina, la quale, per sua natura, è di ordine metafisico puro. Il simbolo concentra in modo unitario le qualità sintetiche presenti nell’Idea e le media alla ragione astratta dalla discorsività, in modo che essa possa cogliere ciò che la trascende secondo le modalità sue proprie. In altro senso, attraverso il simbolo la ragione può cessare il suo moto circolare discorsivo esteriore, per accedere all’Idea trascendente, arrestandosi nell’intuizione immediata dell’essenza intelligibile, giungendo così alla sua “estinzione realizzativa” nell’intelletto. È evidente che tutte le espressioni simboliche sono “allusive”, per cui indicano solo in modo indiretto la natura di un ente, ciò è assai evidente nei linguaggi enigmatici, oracolari e sibillini, ma anche nella dialettica platonica, la quale non è formalmente ” chiusa” verso l’alto, come invece accade per la logica e per il concetto aristotelici, i quali, in qualche modo, generano nella ragione l’illusione di essere autonoma o addirittura coincidente con la realtà stessa, mentre la ragione, così come le sue operazioni, riflettono solamente la realtà, quando sono in atto secondo scienza razionale illuminata dall’intelletto, mentre esprimono solo illusioni quando sono prive di questa scienza. L’errore per il quale si reputano il concetto razionale e la logica concettuale e formale come “identici all’essere”, produce un’alienazione dell’anima dalla realtà. Se ciò che è mediato e mediatore, viene scambiato per la fonte che media, si produce un’illusione alienante, se la ragione si stacca dalla realtà metafisica e dall’intelletto, si aliena dall’essere reale e si costituisce come un ente illusorio e illudente. La ragione, priva dell’integrazione delle sue operazioni nella dimensione intelligibile, finisce per rimettersi alla fantasia e alla congettura, con conseguenze diaboliche rovinose.

Il miglior mezzo dunque, per porre il seme di una concezione adeguata dell’essere nella ragione, è il simbolo di carattere religioso e trascendente, che non è il prodotto di una fantasia puerile e immatura, né tanto meno di una psiche malata, ma è l’esplicitazione magistrale, attraverso forme analogiche razionali, delle Idee metafisiche intuite dall’intellezione diretta. Perciò il simbolismo religioso è espressione della sapienza metafisica inerrante, quando esprime la natura intelligibile del cosmo esso diventa il migliore strumento per accedere alla comprensione essenziale e formale del cosmo, lo stesso vale per l’uomo. La vera scienza sacra del cosmo è perciò fondata su un simbolismo cosmologico adeguato. Le tradizioni religiose, e la trasmissione della retta assunzione del simbolismo sacro originale, hanno subito comunque un degrado, il quale ha favorito anche la catabasi dell’ermeneutica dei simboli ideografici essenziali, comuni a tutta l’umanità. Questo processo involutivo ha prodotto un’esteriorizzazione dei linguaggi religiosi, fino alla creazione di simboli sonori articolati in un linguaggio più fonetico che ideografico. Allo stesso tempo si è prodotto un degrado dell’intelligenza dell’umanità, perciò oggi, in un tempo in cui il degrado dell’intelligenza religiosa è estremo, per restaurare la funzione anagogica del simbolismo religioso è necessario ripristinare anche l’intellettualità integrale dell’uomo, attraverso la quale è possibile anche recuperare il senso completo dei simboli di una data tradizione religiosa e, con esso, il senso dei rituali e delle discipline che ne costituiscono l’attuazione teofanica o soteriologica. Per la stessa via è possibile giungere anche alla restaurazione del simbolismo originale integrale, comune all’intera umanità, il quale costituisce la forma della “rivelazione divina originaria”, l’espressione ad extra dell’intellezione metafisica dell’Uomo Divino Primordiale.

[tratto da: Viola, L.M.A., Sulla Via della Salute]

  

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