L’Associazione Igea è un’istituzione che custodisce la filosofia medica italica di tradizione pitagorico-platonica. La sua opera si svolge ancora oggi in conformità alla plurimillenaria tradizione divina trasmessa dai Maestri.

In origine, nella persona e nella città, vigeva la misura dell’Intelletto Divino, mediata dalla Ragione Universale, la loro vita esprimeva l’Ordine Divino nell’immanenza, il loro regime religioso e rituale era totalmente igienico. Ma, in accordo con la legge della catabasi universale, che interessa sia la città che la persona, l’ascendenza del male, e dunque del disordine e della materialità, del non essere, hanno tentato di penetrare progressivamente nell’Ordine Divino delle civiltà tradizionali per stabilirsi via via nel loro corpo. Così è stato necessario introdurre la terapia, sia per la persona che per la città, al fine di ripristinare, ovunque fosse richiesto, lo stato di pace e giustizia perduto, e dunque la salute pubblica e privata, uno stato prodotto dall’adeguata conformità dell’ente all’Essere.

Arte medica e arte politica hanno sempre proceduto di pari passo, nei sodalizi sapienziali e filosofici la funzione del sapiente, politico e medico, è stata sempre presentata in modo unitario, in special modo nella tradizione pitagorico-platonica. Quando la situazione, nella città e nella persona, si fece critica, la scienza medica e quella politica furono ben definite, in modo tale che potessero essere applicate e trasmesse con maggiore sicurezza, in particolare furono codificate l’azione terapeutica e quella penale, volte alla katharsis della persona e della città.

La prassi che consentiva il ripristino dell’ordine normale di cose, della salute pubblica e privata, fu poi successivamente elaborata e perfezionata, man mano che l’ascesa del caos metteva in pericolo la presenza dell’Ordine Divino dell’Essere nel dominio civile e personale. Più la persona e la città si sono allontanate dal loro essere normale, dal loro bene e dalla loro salute, più i mali si sono accresciuti in esse, fino a giungere alla situazione estrema del tempo attuale. Nell’ambito della persona, le azioni di recupero della salute e dello stato normale, portarono all’edificazione di strutture specifiche come i sacrari di Asclepio-Esculapio e alla costituzione dei sodalizi filosofico-sapienziali. In questi contesti fu codificata l’azione terapeutica necessaria al ripristino della salute dell’anima, quella via di sapienza che ancora oggi l’Associazione Igea custodisce, trasmette e consente di percorrere.

Nel sacrario asclepiade il modo di procedere nella via di salute era analogo alle modalità sviluppate nel sodalizio pitagorico. Nel sacrario di Asclepio i sacerdoti templari introducevano i diversi pellegrini, che in fede raggiungevano il luogo sacro, all’igiene santificante, piuttosto che alla terapia. Il fedele afflitto dal morbvs veniva condotto dallo ierofante ad alcune operazioni di rettificazione completa dell’anima, perciò era portato a vedere oltre le manifestazioni sensibili del pathema, affinché conoscesse le vere cause che producevano l’afflizione psicofisica. La prima parte del risanamento era costituita da una catarsi delle facoltà appetitiva e sensibile dell’anima, che consisteva in una purificazione-purgazione ottenuta con digiuno, astensione sessuale, assunzione di profumi, partecipazione alla recitazione degli inni sacri e alle musiche religiose. In questo modo erano compiuti i primi passi volti al ripristino del retto ritmo interno delle funzioni irrazionali, al fine di liberare la ragione dal corpo e dai sensi, perché la persona potesse riacquisire di nuovo la retta condotta di vita, l’eu-bios.

In una fase successiva il pellegrino metteva la sua volontà e la sua ragione in accordo col Dio, riacquisiva così la pietas, perciò compiva il sacrificio ad Apollo e ad Asclepio e si integrava nella ritualità regolare, ripristinando la conformità della sua anima all’Ordine Divino.

L’ultima parte della prassi templare portava al compimento del risanamento. Dopo aver compiuto le offerte oblatorie a Tyche, Mnemosyne e Themis, ossia a Fortuna, Memoria ed Ordine Divino, il fedele d’Asclepio assumeva la bevanda sacra, l’epiclesi di Hyghieia. Questo tipo di “eucaristia” portava l’anima nello stato di “esaltazione religiosa” indispensabile per l’ultimo atto, il passaggio che portava alla liberazione santificante-sanante, l’incubazione notturna nell’Abaton del Tempio. Nel culmine della notte, durante il sacro sonno, l’anima “vedeva il Dio” Asclepio “faccia a faccia”, da Esso veniva “iniziata” e dunque “salvata”, così conseguiva la salute, la rimozione del male psicofisico per il quale si era rivolta al Dio.

Le anime che non si rettificavano prima, e non si convertivano poi, non accedevano all’Abaton, al luogo di presenza del Dio per la visione sanante, ma erano solamente “ri-mediate” con azioni più o meno palliative ed esteriori: prescrizioni di alimenti, bagni, massaggi, musica, ecc. Queste anime, fino a quando non si fossero convertite al Dio, non avrebbero potuto sanare il male che portavano in sé, perché “ribelli e ostili” al Dio, nel quale era riposto l’unico vero Bene, capace di rimuovere ogni male.

L’azione filosofico medica tradizionale guida l’anima alla retta via, alla conformità con la norma universale divina, educa al normale regime di vita filosofica salutare. Quest’azione vale anche in una età in cui pochissime anime sono in grado di accedere direttamente e attivamente alla visione-unione con Asclepio, e per lo più devono essere condotte all’Asclepio interiore da mediatori Asclepiadi, da filosofi medici che rispettano comunque la consegna sacra della necessaria candidatura, e della conversione dell’anima che vuole dare avvio al processo di iniziazione risanamento. Per coloro che si approssimano alla via della sapienza-salute in fede, possono essere indicati esercizi iniziali, che non generano in essi illusioni, i “ribelli” invece non possono essere accettati nella via, così come gli “incorreggibili”.

L’approccio filosofico medico pitagorico è sempre unitario e si rivolge a tutta la persona, la prassi risanante prevede la purificazione, prima, e la rettificazione, poi, della condotta irrazionale dell’anima. Dopo questa azione preliminare segue l’assegnazione del regime di vita filosofico salutare conforme alla costituzione psicofisica della persona, un regime finalizzato al ripristino dello stato normale dell’uomo che ha deviato dalla norma della vita salutare volta a sapienza.

L’igiene filosofica tradizionale si è conservata, nonostante tutto, molto a lungo, fissata da Pitagora e poi da Platone come educazione e cultura integrale della persona umana, come paideia-hvmanitas, fu difesa ed elogiata dai più autorevoli filosofi e dai medici tradizionali, in quanto mediante l’esercizio della disciplina sapienziale, unita all’ascesi morale e corporale, era possibile realizzare l’ottima costituzione regale-sapienziale dell’uomo, una costituzione che corrisponde, per analogia, alla costituzione della città perfetta. Il Maestro crotoniate sintetizzò nella ginnastica sacra, una disciplina che include diversi fattori di igiene, come l’alimentazione, i bagni, ecc., tutte le azioni riguardanti il corpo, e nella musica sacra, nella scienza proveniente dalle Muse, tutte le azioni salutari riguardanti l’anima, al cui capo Platone pose la dialettica. In tal modo l’igiene filosofica svolge la funzione di paideia, di cvltvra completa del corpo e dell’anima. La persona, secondo la filosofia medica tradizionale, deve essere educata, non curata, l’anima deve attuare la cultura integrale della persona, al fine di realizzare l’ideale divino della bellezza psicofisica, espressione esteriore della bellezza intellettuale, rappresentata dal Dio Apollo, paradigma e modello di Salute.

La sanità dell’uomo deve coincidere sempre con la perfezione della sua anima, nei due aspetti della sophia-sapientia e della phronesisprvdentia, che danno luogo alla dike-ivstitia. La giustizia si attua quando l’atto dell’anima è libero dal teras, dalla theriotes, dalla bestialità e dall’irrazionalità, dall’impulso concupiscente e dalla brama, dalla passione e dall’ignoranza. Il sanvs, il sapiente, è il giusto, egli è il perfetto cittadino religioso, il suo intelletto domina sovrano la ragione, perciò, priva di perturbazioni e di intemperanze irrazionali, l’anima si attiene alla Misura Divina e ne diviene la sua presenza vivente terrena.

Chi trasmette l’igiene filosofica salutare deve insegnare lo stato normale, retto, dell’anima dell’uomo, non deve cercare di identificare la malattia come un ente astratto, ma deve indicare sempre la via di rettificazione dell’anima, a partire dalla sua conversione. Il filosofo igienista tradizionale deve ricordare che la realizzazione della sapienza-salute è un ufficio, un ministero sacro assegnato dagli Dei all’anima, per cui essa realizzandola ottiene il suo Bene, giungendo alla sua perfezione. Vivere in opposizione alla propria natura essenziale è da stolti, infrangere la Legge Divina comporta sempre una nemesi, una reazione giustificante volta al riequilibrio dell’ente che è andato contro la Legge. Il sapiente ha realizzato l’identità con la Norma Divina e vive sempre beato, l’ignorante tracotante viola continuamente la Norma ed è colpito da nemesi, dilaniato dall’inquietudine e dalla dipsichia, soffre indefiniti mali.

La sofferenza che patisce l’ignorante-superbo è espressione di Nemesi, dell’azione riparatrice e purificatrice della Giustizia Divina, nell’ambito del corpo e dell’anima, perciò va accolta benevolmente come una correzione provvidenziale, riadattando subito il regime di vita all’Ordine Divino. Se si subisce danno deviando dalla norma, si recupera al danno ritornando alla norma, assumendo il regime di vita fondato sulla conoscenza vera, che conduce alla salute autentica. Non si violano impunemente le leggi cosmiche o naturali, perciò vanno condannate la pseudo medicina, la pseudo psicologia e la pseudofilosofia, poiché consentono la loro violazione, contribuiscono al mantenimento della superbia e del vizio, si fanno complici dell’empietà, violano le leggi della vita e conducono l’anima alla rovina. La depravazione della medicina, della psicologia e della filosofia, congiunta alla perversione della politica, portano l’uomo e la società alla degenerazione più completa.

La giustizia, fondata sulla sapienza, è l’unico scopo che l’anima deve realizzare, perché è l’unico stato conforme alla natura, kata physin, dell’anima, mentre l’ingiustizia è contraria alla natura, para physin, dell’anima. L’uomo, e dunque l’anima, compie vita retta e secondo natura quando ordina ogni suo atto alla sapienza da cui deriva la giustizia, lo stesso vale per il governatore civile, il quale fonda ogni istituzione nella città sulla Sapienza Divina, affinché sia costituita in essa la Giustizia Divina. Perciò il governatore è retto se fonda la vita sociale sull’educazione alla sapienza, in modo tale che siano prodotti cittadini sapienti, cioè sani, mediante i quali la sapienza è resa immanente in ogni istituto sociale e con essa la giustizia. Altri indirizzi sociali o civili sono deviati, perché fondati sull’ignoranza del bene dell’uomo e della città, perciò sono causa dei mali, dai minori ai maggiori.

Occorre dunque stabilire l’ordine retto nella educazione e nel governo affinché non prevalga il senso sull’intelletto, e gli uomini non si pongano come fine l’economia e il piacere, piuttosto che la sapienza e la beatitudine. Se l’ordine della retta costituzione personale e civile devia o si inverte, si fa strada l’ingiustizia e si diffonde ogni genere di male nell’anima e nella società, quel male che ha la sua origine nel predominio improprio di una parte che normalmente deve stare subordinata ad altre.

«Allora, – ripresi –, dati per chiariti i concetti di ingiustizia e di giustizia, non risulterà pure ben evidente il significato del fare ingiustizia, dell’essere ingiusti, o, per altro verso, del comportarsi giustamente?».

«E come?».

«Perché – spiegai – si dà il caso che non ci sia alcuna differenza rispetto alle cose sane e a quelle infette: come queste stanno nel corpo, così quelle stanno nell’anima».

«In che senso?», domandò.

«Quelle sane generano salute, quelle infette, malattia.»

«Sì».

«In tal modo i giusti comportamenti producono giustizia, e quelli ingiusti ingiustizia».

«Fatalmente».

«Ma, creare condizioni di salute significa far sì che le parti di un corpo dominino o siano dominate in conformità alla natura; invece creare condizioni di malattia vuol dire farle reciprocamente comandare oppure ubbidire contro natura.».

«È evidente», disse.

«La virtù, dunque, a quanto risulta, sarebbe una specie di salute, di bellezza, di buona forma dell’anima; il vizio, al contrario, sarebbe la malattia, la bruttezza e la fiacchezza»

                                                            [ Platone, Repubblica, IV, 444c-e ].

 

Quando una facoltà inferiore dell’anima assume il dominio su una facoltà superiore, così come quando un ordine sociale inferiore si ribella ad un ordine sociale superiore e lo sottomette, si ha la sovversione nell’ordine personale e civile, perciò l’ingiustizia e la malattia, particolare e generale, si stabiliscono. Ad esempio, un uomo edonistico e una città economicistica rappresentano, nell’ambito personale e civile, la completa sovversione dell’ordine normale dell’uomo e della città, come tali esprimono la medesima ingiustizia e allo stesso tempo la più grave malattia. Quando l’edonismo e l’economicismo vengono radicalizzati ogni facoltà dell’anima e ogni ordine sociale sono subordinati a questi fini, in tal modo si stabilisce la tirannide, nell’anima e nella città, la quale equivale alla completa inversione di ogni ordine retto e normale, e perciò alla negazione dell’essere e del Bene, per far regnare il nichilismo e il male radicale, il caos e l’anarchia.

Nella completa inversione della sua rettitudine, l’uomo perde totalmente la eudaimonia-beatitvdo, per sprofondare nella completa kakodaimonia-malitvdo, dunque nel contrario della felicità, lo stato che caratterizza l’uomo ingiusto e l’ingiusta città.

L’uomo è veramente beato e felice solo quando possiede sapienza-giustizia, dunque salute, ogni limitazione o mancanza della quale crea privazione, perciò sofferenza, malattia e infelicità. La ragione costituisce il principio mediatore alla salute, alla sapienza, mediante la quale l’anima è rettamente sottratta dall’orizzonte del corpo e sottomessa all’intelletto. La retta ragione è la sola capace di condurre l’uomo al bene e al giusto, dunque alla salute sua propria.

Il solo modo di ripristinare il Bene, e di conseguenza la pienezza della sapienza-salute perduta, consiste dunque nel ricondurre l’anima sulla via del risanamento autentico, rinviandola all’igiene filosofica salutare che la libera dalla soggezione ad ogni male e deviazione.

Affinché l’anima possa intraprendere con efficacia la via della sapienza-salute è necessario che riceva un prognostico preliminare da parte del filosofo medico, il quale può vedere causalmente il suo stato e quello della sua persona. La gnosi previdente consente di stabilire la direzione del logos e del cuore, lo stato di impurità dell’anima e del corpo, le azioni compiute dalla persona nel passato, e dunque anche le empietà prodotte, la nemesi che dovrà sopportare, le disposizioni fatali latenti, ecc. Il prognostico effettuato deve essere in armonia con la Pronoia-Providentia Universale, così il filosofo medico può valutare di ricondurre l’anima al Bene senza turbare l’azione della Giustizia e senza produrre altra nemesi, perché non interferisce con la Volontà Divina.

Per definire un’adeguata direzione filosofica Pitagora esaminava e pronosticava quanti si rivolgevano a lui e chiedevano di entrare nel suo sodalizio per praticare la via che porta a Sophia-Hyghieia. Egli non accettava subito gli aspiranti, ma li valutava e li provava, verificava dai tratti fisiosomatici le qualità latenti della loro anima, il loro equilibrio costituzionale, la loro disposizione e l’abito che essi avevano assunto a seguito dei loro comportamenti. Dall’inclinazione morale espressa apparivano le passioni e i vizi, dai discorsi apparivano i contenuti razionali e lo stato del logos, quindi potevano essere valutati lo stato della coscienza e la qualità della conoscenza posseduta dai diversi soggetti. Dopo questa “prognosi” preliminare, il Maestro provava la motivazione filosofico-religiosa di ciascuna persona, la sua forza d’animo, la sua perseveranza, la decisione a pervenire alla salvs-sapientia.

La procedura pitagorica, come abbiamo già osservato, era dunque analoga a quella che si svolgeva negli Asclepiei, nei templi di Asclepio, nei quali il pellegrino era condotto dallo ierofante medico a vedere in se stesso, nella propria anima, affinché individuasse le cause che determinavano la sua sofferenza per rimuoverla. Successivamente, l’aspirante alla salute era portato a purificazioni progressive con fine rettificatorio, che potevano concludersi eventualmente con la visione-illuminazione divina che lo liberava dal male. Le anime che non si convertivano completamente non potevano accedere all’Abaton del Dio, perciò non giungevano a risanare completamente le cause della loro deviazione e quindi non potevano liberarsi dal male che portavano in seno, in quanto mancanti dell’adeguata “fede” nel Dio, l’autentica fede che “salva”.

Il prognostico preliminare definisce anche il grado di curabilità dell’anima, in ogni caso se essa non è rettamente disposta all’igiene filosofica, nessuna disciplina può essere svolta con efficacia, e, come giustamente dice il Maestro Platone, nel caso in cui l’anima rifiuti il consiglio di ritornare alla vita virtuosa il filosofo medico la deve considerare inidonea alla via che porta alla salute, perciò non può dirigerla alla sapienza sino a quando la sua conversione alla vita filosofica salutare non è adeguatamente presente.

Ogni processo di risanamento deve quindi poggiare su una motivazione razionale ben fondata, prodotta da una retta conoscenza della salute e della natura del male. Il soggetto deve ripiegare su se stesso, riflettere sul suo stato, riconoscere e ammettere la sua ignoranza e la malignità che ne deriva, produrre l’abbandono della superbia. Compiuti questi atti può costituirsi la modestia, che porta l’animo a disporsi in fede al filosofo medico per farsi guidare dal suo consiglio. Queste sono le condizioni basilari per avviare la vita filosofica e riacquistare la salute-sapienza.

La Scuola di Igiene Filosofica Fondamentale Tradizionale costituita dall’Associazione Igea è fedele alla tradizione, nell’ambito della sua istituzione si svolge esclusivamente un’opera di educazione alla sapienza-salute, il cui principio fonda sull’adeguata conoscenza dell’essenza dell’uomo, del suo fine, del suo bene e dunque del suo stato normale e sano. La Scuola si rivolge a coloro i quali vogliono ordinare la loro vita alla vera salute, riallineandosi alla verità e alla sapienza divina, dalle quali hanno deviato procurandosi mali di diverso genere e qualità. Nella Scuola ciascun soggetto procede nella via della salute a partire dall’acquisizione della conoscenza razionale di sé, a cui segue l’acquisizione della conoscenza contingente della sua persona. Tutto ciò è necessario affinché l’anima possa assumere il retto regime di risanamento, adatto all’individualità specifica della persona che deve condurre, un regime che si concretizza in un ordine di vita finalizzato alla realizzazione della salute autentica, la sapienza.

L’autonomia e la completa autarchia dell’anima sono lo scopo della via filosofica alla salute, pertanto ognuno deve innalzarsi nella virtù e nella sapienza, nella misura concessa, fino a liberarsi da ogni costrizione e sofferenza, patimento e soggezione, conseguendo l’apatheia, l’assenza di ogni pathos-pathema dell’anima, uno stato equivalente alla perfetta “invulnerabilità”.

L’anima deve essere libera e autonoma, nella conservazione e nello sviluppo della sua salute, nessuno deve accettare supinamente la permanente sottomissione a organizzazioni “mediche”, ma raggiungere la libertà e l’autonomia richiede volontà, forza e dedizione. L’autonomia, che è anche impassibilità, va dunque conquistata, altrimenti la salute autentica non potrà essere raggiunta. Divenire “medici” della propria persona, a partire dalla conduzione del proprio corpo, è perciò un obiettivo fondamentale [Plutarco, Precetti igienici, 26] . La propria persona non deve essere trattata in modo maldestro e nocivo, perché, in questo modo, “ogni giorno [si] dà un gran daffare ai medici” [Ibidem] . Se il soggetto rimane ignorante resta impotente, perciò anche dipendente e condizionato, quindi necessita di continuo affidamento ad altri, con tutto ciò che questo comporta.

La Scuola di Igiene Filosofica Fondamentale Tradizionale permette a ciascuno di compiere il primo tratto della via alla salute-sapienza, in accordo con quanto praticato negli antichi Asclepiei e nei sodalizi filosofici esemplari. La prassi igienica rende possibile la prima purificazione e la prima rettificazione dell’anima e del corpo, e dunque la realizzazione del primo grado di impassibilità relativo alla vita pratica dell’anima congiunta al corpo.

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