
Matteo Andolfo
M. Andolfo. L’ipostasi della «Psyche» in Plotino. Struttura e fondamenti
(Ed.Vita e pensiero 1996)
Probabilmente non c’è alcun concetto filosofico e religioso che possa considerarsi una creazione dello spirito ellenico come quello di «psyche», la cui storia degli influssi è di portata straordinaria, con tutta una serie di sviluppi.
Anche in Grecia il concetto di psyche ha avuto una storia assai complessa, e solo con Socrate e Platone ha assunto alcuni connotati definitivi. In Omero la psyche è lo spirito del morto, un’ombra incosciente e smemorata, è l’ombra dell’«essere stato», o, se si preferisce, è il non esserci-più mantenuto in maniera emblematica in una vana immagine. Con gli Orfici diventa il demone che è in noi, caduto in un corpo per una colpa originaria, destinato a trasmigrare di corpo in corpo fino alla purificazione finale, radicalmente scisso dalla coscienza e dalla conoscenza.
Con i filosofi, soprattutto, si impone la connessione dell’anima con il logos. Già Eraclito diceva: «I confini dell’anima non li potrai mai trovare, così profondo è il suo logos».
Ma è stato Socrale a identificare l’essenza dell’uomo con la sua anima e ad additare lo scopo supremo dell’uomo con la «cura dell’anima». … È stato però Platone colui che ne ha definita (dal Fedone al Timeo) la struttura ontologica, dimostrando la sua «parentela» con l’essere del mondo ideale, con tutte le conseguenze che da questa derivano.