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Scuola di Medicina Filosofica Integrale Tradizionale 

La medicina filosofica tradizionale e la sua conservazione nel tempo

Prima che la medicina fosse ridotta a semplice “cura del corpo” e dunque fosse separata dalla filosofia, l’arte “di curare il corpo” era fondata sulla filosofia e prima ancora sulla religione.

La cultura religiosa integrale dell’uomo si occupa, fin dalla nascita corporale, dello sviluppo armonico dei veicoli dell’esistenza, del corpo e dell’anima, affinché l’uomo raggiunga la sua perfezione, perseguendo la prvdentia prima e la sapientia poi, fino alla completa divinizzazione. La cultura religiosa tratta sempre l’uomo integralmente a partire dalla sua essenza divina, per applicarsi alla sua esistenza, l’educazione del corpo perciò è ordinata a quella dell’anima, e quella dell’anima alla cultura dell’intelletto. Sulla base della conoscenza sacra delle relazioni e delle reciproche influenze esistenti fra i principi causali dell’uomo, i suoi veicoli esistenziali e le loro facoltà, lo sviluppo dell’uomo viene trattato nella sua autentica pienezza. Secondo l’igiene sacra tradizionale, un corpo di ottima costituzione favorisce una disposizione perfetta dell’anima, la quale a sua volta rende possibile la migliore attività intellettiva. Va inoltre tenuto in considerazione che nelle civiltà religiose tradizionali l’igiene sacra mirava a mettere in condizione l’uomo di svolgere pienamente i suoi uffici civili e religiosi, in quanto solo uomini perfetti possono essere cittadini perfetti, fautori e conservatori della Salute Pubblica.

Con la costituzione della filosofia vi fu la rielaborazione della cultura religiosa su basi dialettiche, da allora il filosofo, o il religioso-filosofo, hanno acquisito un ruolo guida nell’educazione dell’uomo alla sapienza e alla giustizia. Fin dal principio, la scuola filosofica ha difeso l’unità della cultura integrale dell’uomo, perciò quando vi furono tendenze a separare le diverse discipline dell’educazione fisica, morale ed intellettuale della persona, i maestri fedeli alla tradizione reagirono e non considerarono mai separate e indipendenti le diverse sezioni della paideia, perché ciascuna di esse deve restare strettamente unita alle altre, per perseguire il fine unico di sapienza.

In particolare alcune discipline filosofiche relate al corpo, come la ginnastica e la dietetica, furono conservate, in generale, all’interno della medicina. Anche Ippocrate disse che la gymnastike, quale disciplina integrale dell’esercizio corporeo, andava sempre bilanciata con il regime alimentare, in funzione della realizzazione dell’ottima costituzione fisica, perciò egli la lasciò integrata nella Hygieine. L’igiene, in senso lato, ha lo scopo di mantenere e sviluppare la salute, perciò costituisce la parte fondamentale della Iatrike, della scienza e dell’arte della salute, intesa secondo la sua accezione arcaica, utilizzata ancora da Platone, nella quale è inclusa anche la therapeutike, la quale si occupa del ripristino dello stato di salute nei diversi veicoli. Nell’ottica religiosa, e successivamente in quella filosofica, la salute è sempre assiologicamente primaria, perché è antecedente allo stato di malattia, dunque la sezione della medicina che si occupa di preservare la salute o di accrescerla, nella misura del possibile, è superiore alla seconda sezione, quella che si occupa del recupero della salute.

In ogni caso, la filosofia deve essere considerata come la vera medicina, perché rappresenta realmente l’arte della salute, e costituisce i modi per realizzarla nella sua pienezza. Il sapiente perciò è il vero medico, perché è il solo che possiede la sapienza e può condurre alla sapienza, egli sa ordinare adeguatamente il corpo e l’anima alla vera salute intellettuale e non riduce mai la scienza della salute alla sola anima o, peggio, al solo corpo, ben sapendo che in tal modo toglie consistenza ontologica alla salute e la limita all’impermanenza, cioè, di fatto, all’inconsistenza, al non essere.

Se lo scopo della medicina è la salute, la filosofia è l’autentica medicina e il sapiente il vero medico. Il filosofo-medico è il solo che conosce veramente la scienza dei fattori salutari e dei fattori morbosi, egli non direbbe mai che l’uomo è sano se il corpo si trova in condizioni tali da svolgere le funzioni naturali senza impedimento, oppure se l’uomo si trova in uno stato di “benessere”. Egli non si occupa di custodire la vita ad ogni costo, perché la vita, in sé, è un elemento dal valore indifferente, può essere buona se ordinata a sapienza-virtù o malvagia se ordinata a ignoranza-vizio, perciò il vero medico preserva la vita per la sapienza e riorienta la vita alla sapienza. Il filosofo è essenzialmente un igienista, orientato all’igiene intellettuale, alla quale subordina l’igiene dell’anima e del corpo, diventa terapeuta quando deve recuperare l’uomo che ha deviato dalla via della salute. Il filosofo-medico prende in cura l’uomo fin dalla nascita e lo educa nella triplice igiene finalizzata alla sapienza-salute. Se non può fare altrimenti, prende in cura l’uomo in altre fasi della vita, un uomo deviato, limitato, sviato, che ha smarrito la via di salute, e lo riconduce ad essa. Allora la sua azione consiste nella rettificazione dei vizi del corpo e dell’anima, che affliggono l’uomo a causa di una vita condotta fuori dalla misura e distolta dal fine di bene a cui è destinata, quest’azione riposiziona l’uomo nello stadio dell’igiene integrale inerente al suo stato di malattia-vizio, affinché riprenda correttamente la disciplina di vita volta alla realizzazione della salute.

Per cui i sapienti più importanti, da Pitagora ad Empedocle, da Platone ad Aristotele, sono stati esperti nell’arte medica, intesa nella sua integralità, quella integralità che in Pitagora viene fondata e in Platone viene sistematizzata, con l’apparente distinzione delle arti che si occupano del corpo e di quelle che si occupano dell’anima, in funzione della realizzazione della sapienza-giustizia. Già in Ippocrate, e specialmente nella medicina ellenistica, la distinzione delle due arti si fece però più netta e una certa separazione fra di esse ebbe a svilupparsi, senza andare a compimento. Certamente fino a Galeno, nonostante un maggiore rivolgimento dell’attenzione del medico ai piani inferiori dell’igiene, e un certo sbilanciamento verso il corpo della disciplina medica, non fu mai abbandonata completamente l’unità che esiste fra la filosofia e la medicina, così fu in buona parte anche nei secoli successivi, fino al XVIII, nei quali si sviluppò la fortuna del galenismo.[1]

Secondo Galeno il vero medico non può non essere anche vero filosofo:

Cosa manca dunque ancora perché il medico non sia filosofo, il medico che esercita

l’arte in modo degno di Ippocrate? Infatti se per scoprire la natura del corpo e le varietà

di malattie e le indicazioni di rimedi occorre essere esercitati nella teoria logica; se,

perché persista l’amore delle fatiche nell’esercizio di tali cose occorre disprezzare le

ricchezze e coltivare la temperanza, avrà già tutte le parti della filosofia, la logica, la

fisica e l’etica. Non c’è timore infatti che disprezzando le ricchezze e coltivando la

temperanza commetta qualche ingiustizia: infatti tutte le imprese che gli uomini osano

ingiustamente le fanno convinti dell’avidità di ricchezze o affascinati dal piacere.

Perciò è necessario che abbia anche le altre virtù: esse vanno tutte assieme e non è

possibile che, se se ne conquista una, non si abbiano di seguito tutte le altre come legate

ad una sola corda. Pertanto se ai medici è necessaria la filosofia per l’apprendimento

iniziale e per il successivo esercizio è chiaro che chi è un vero medico, è sempre anche

filosofo. Sul fatto che ai medici abbisogni la filosofia per adoperar bene l’arte non

credo abbia bisogno di dimostrazione chi ha visto spesso che gli avidi di ricchezze

sono spacciatori di droghe, non medici, e usano l’arte per fini opposti a quelli a cui è

destinata per natura[2].

 

La critica dei falsi medici, dediti al denaro e alla lussuria, è costante in Galeno:

Sicché bisogna che la persona che vorrà diventare tale [vero medico] non solo disprezzi le ricchezze,

ma che sia estremamente amante delle fatiche. Non è mai possibile che sia amante delle

fatiche uno che si ubriaca o si riempie di cibo o si dà ai piaceri venerei o per dirla in

breve serve ai genitali e al ventre. Si è trovato perciò che il vero medico è compagno

della temperanza come della verità[3].

 

Una critica simile, ma ancora più profonda, è stata effettuata da Paracelso, dopo tredici secoli da quella svolta da Galeno, prima di restaurare una dimensione superiore della medicina, che da secoli i “falsi medici” avevano smarrito. Dopo il rinnovamento dell’antica medicina, avvenuto nel Rinascimento, dal XVI secolo si è sviluppata un’azione antitradizionale, che si è opposta alla medicina filosofica e religiosa, fino a costituire la “medicina moderna”, che costituisce la parodia, la figura rovesciata dell’autentica medicina. Nel contesto della falsa medicina contemporanea viene presentata anche una parodia della salute, scambiata con “il benessere”, un’esperienza soggettiva e accidentale dell’individuo, che non ha nulla a che vedere con la fruizione eterna dell’Essere Divino e del Vero Bene, perciò anche con la beatitudine che ne deriva. I falsi medici attuali hanno completamente perso il senso autentico della Salute e non operano in alcun modo affinché sia ricostituita la presenza divina in atto nell’uomo, con la divinizzazione che ne segue, nella quale consiste la sola vera Salute.

 


[1] Celso, De medicina, Prefazione.

[2] Galeno, Il miglior medico è anche filosofo, III, 60-61.

[3] Ibidem, III, 59.

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