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Scuola di Psicologia e Psicoterapia Filosofica
Integrale Tradizionale
La psicoterapia filosofica, l’unica prassi per ristabilire la salute dell’anima
La salute dell’anima ha un carattere metafisico e ontologico, per attuarla è necessario compiere un’ascesi virtuosa e sapienziale, dunque solo l’approccio filosofico può restituire l’anima alla sua attività normale e beata, al suo ufficio religioso teofanico, altre vie che escludono la conoscenza metafisica sono limitate e illusorie. La catabasi ha prodotto ben due gradi di oblio, l’anima nel corpo è priva di noesis–gnosis, dell’attività contemplativa-conoscitiva diretta dell’Essere Intelligibile e della natura della Divinità in Se Stessa, inoltre è priva anche della scienza razionale inerente l’essere vero.
In prima istanza si è prodotta l’alterità psichica, in seconda istanza l’alterità somatica, all’ignoranza noetica ed ontologica è subentrata l’ignoranza razionale e psicologica, l’effetto finale a cui l’anima è soggetta è un’ignoranza radicale, che sostanzia direttamente la costituzione dell’ego somatico ed empirico, la cui consistenza è del tutto fantasmatica ed effimera, semplice accidente determinato delle condizioni del corpo. L’ego a cui si riferisce l’uomo comune ha la consistenza di un’ombra sensibile, come ombre sono le percezioni sensibili e le figure corporee, sonno profondo è l’esperienza titanica delle cose, alienazione completa dall’essere e dalla realtà, oblio del vero.
La soluzione dell’anima dalla soggezione alla natura titanica, corporea, costituisce il primo grado di salute, la quale può essere ottenuta con la psicoterapia filosofica, la “fuga dal corpo”, alla quale segue l’assimilazione dell’anima all’intelletto e a Dio. La fuga dal corpo costituisce il primo grado di psicoterapia, di cura dell’anima, mentre il secondo grado è costituito dalla “fuga dal mondo”, dalla soluzione della soggezione all’alterazione psichica, alla coscienza immaginale e riflessa.
La psicoterapia ha la sua conclusione nella riattualizzazione della noesis originaria e della contemplazione-visione beatifica iperurania, nella quale consistono il riposo e la quiete dell’anima, accolta nel cuore dell’Essere Divino Eterno.
La vera salute-salvezza della psyche-anima, consistente nella sua estinzione reintegrativa nell’intelletto, è il fine del Secondo Livello della Scuola di Filosofia Medica Tradizionale Integrale, mentre la realizzazione degli stati sovraindividuali e compiutamente universali dell’Essere, viene perseguita nel Terzo Livello di insegnamento, quando il discente accede alla realizzazione dell’iniziazione divina e dei Grandi Misteri. Solo nel caso dell’ascenso agli stati universali dell’Essere è possibile trascendere la polarità sovrapsichica intelletto-Dio, nell’unità principiale dell’Uno, fino a svelare infine l’Identità Suprema.
La Scuola di Psicologia e Psicoterapia Filosofica è una sezione della S.P.M.P. ed è dedicata alla psyches therapeia, relativa ai due primi stadi dell’ascesi filosofica, che portano fino alla divinizzazione dell’anima individuale attraverso la disciplina delle virtù ordinate alla sapienza intellettiva e iperurania, nella quale si fruisce la beatitudine eterna.
Questo scopo è conforme alla costituzione originaria della filosofia in Pitagora, il quale ordinò la disciplina per liberare l’anima dalla prigione del corpo e farla risalire attraverso i cieli alla sua dimora olimpica originaria; ciò equivale al superamento del dominio dell’Anima del Mondo e alla liberazione dal ciclo delle nascite e delle morti, relato alla trasmigrazione, in virtù della theosis e della palingenesi. Akolouthein to theo, “seguire il Dio”, e Epou theo, “segui Dio”, costituisco dei moniti essenziali della via filosofico-terapeutica, l’unica via che restituisce l’anima all’attività pura della mens–nous e perciò risolve la sua dementia-anoia. Solo il sapiens-sophos è dunque psichicamente sano, egli è il solo che ha ricostituito in atto nell’anima la mens-nous, egli ha praticato la theras–peia, perciò ha rimosso l’elemento contrario, il teras, ciò che è difforme, alieno, rispetto all’essenza dell’anima e alla sua attività normale. Il sapiente ha separato l’anima dall’elemento corporeo-titanico e poi dal mondo sensibile inferiore, così si è costituito noeticamente secondo la sua forma divina, liberandosi da ignoranza, errore e malia e dunque anche da mania. Ottenuta la virtù della sua essenza, la sapienza, la quale per l’anima costituisce la sua salute perfetta, il sapiente si stabilisce nella beatitudine incorruttibile.
Nella Repubblica Platone definisce il sapiente come colui che possiede il sapere vero, certo, inerrante, esente da errore, grazie a questo sapere egli possiede anche la perfetta attività di tutte le facoltà dell’anima, perciò anche tutte le virtù inerenti. Fermo nella perfezione della prudenza e della giustizia, il sapiente è moralmente impassibile, perciò gode già nella vita presente di una beatitudine relativamente incorruttibile, la quale avrà risoluzione nella beatitudine eterna e trascendente, quando egli lascerà definitivamente il corpo e il mondo. Libero da ogni errore il sapiente non è soggetto a giudizi errati, perciò non patisce alcuna passione, né va soggetto ad alcuna sofferenza, dunque egli è sempre felice.
Il sapiente costituisce il modello normativo della salute psichica completa, dell’anima integrata spiritualmente, perciò perfettamente sana. La personalità del sapiente costituisce un esempio immutabile, il criterio di misura della condotta psico-morale retta e giusta, perciò egli costituisce anche il fine esemplare della terapia filosofica. Prima di raggiungere la virtù della ragione, l’anima non può essere sana, il non saggio, specie se non pratica filosofia, è continuamente soggetto a pathos-passio, e dunque è psicopatico, specie perché in lui non c’è attività della mens, perciò patisce amentia, mania, follia. L’insipiente non può essere felice, né normale, perché solo la terapeutica filosofica permette di raggiungere la virtù e la sapienza, cioè l’unica vera salute psichica e mentale, dunque felici ed integri sono solo coloro che vivono secondo la vera scienza[1].
Allo stesso modo solo il sapiente può essere vero terapeuta, coloro che sono ancora soggetti a psicopatologie come l’ ignoranza, l’errore, il falso giudizio, la passione, il vizio, non sono in grado di curare veramente nessun altro. L’insipiente, nel migliore dei casi, ha solo una conoscenza dottrinale della prassi psicoterapeutica autentica e perciò non può condurre nessuno nella via che guarisce dal vero male psichico, l’anoia, che da ignoranza e mania. Il virtuoso possiede il potere e l’autorità che gli permettono la psicagogia e lo sviluppo dell’anabasi, solo esso può trattare la causa da cui tutte le alterazioni psichiche, irrazionali e somatiche, derivano.
Chi tratta l’anima deve condurla a vivere secondo la sua natura, perciò deve permetterle di praticare l’igiene psichica salutare, quindi l’anima deve essere convertita alla vita filosofica virtuosa, altrimenti nessuna cura e nessuna risoluzione della sofferenza psichica sarà mai possibile. Ma l’ignoranza e la superbia caratterizzano molti sedicenti “terapeuti”, i quali presumono di possedere tutte le virtù principali e persino la sapienza, ma in realtà trascinano le anime nei loro errori e nelle conseguenze che ne derivano. Se l’anima non espelle tutti gli errori che in essa sono presenti e non estingue la radice da cui provengono, l’ignoranza, causata a sua volta dalla soggezione alla natura titanica, nulla in essa può essere sanato. Ma le false psicoterapie si svolgono nell’ambito dell’illusione-alienazione e le loro dinamiche favoriscono la soggezione dell’anima alla determinazione titanico-somatica.
L’insipiente la cui anima non ha alcun orientamento filosofico autentico è un “demente”, un alienato, un brotos, un malato che non ha alcuna speranza di uscire dallo stato di pena e sofferenza in cui si trova, né tantomeno può improvvisarsi terapeuta e ingannare altre povere anime, trascinandole nella stessa dimensione dell’illusione e della malignità perpetua in cui esso si trova. L’azione curativa deve sottomettere interamente l’epithymia, la facoltà concupiscibile, al loghistikon, perché la facoltà razionale deve dominare in tutto il corpo, fino a che il dominio razionale non sarà costituito, l’anima sarà soggetta a varie forme di pathemata, patologie psichiche, dalle quali derivano continui nosemata al corpo, morbi corruttivi. Con l’incarnazione l’anima patisce il corpo, ad esso sottomette la sua ragione e le facoltà razionali, nulla potrà restituirla al suo stato normale se non si sottrae completamente dalla soggezione agli accidenti del corpo e alla corruttibilità della vita sensibile.
La soggezione all’arbitrio delle facoltà irrazionali come quella concupiscente e quella arditiva è pathema, la misura razionale di queste facoltà costituisce invece la base della salute psichica, una salute che l’anima otterrà solamente quando sarà completamente separata dal corpo e dalla natura titanica. Diceva Epicuro: “Vuoto è il discorso di quel filosofo che non cura (therapeutai) le passioni (pathemata) dell’uomo. Come infatti non c’è alcun vantaggio dalla medicina che non cura le malattie del corpo, così nemmeno dalla filosofia [e dalla psicologia] che non caccia le passioni dall’anima”[2].
Dunque è vana la psicoterapia che non rende l’anima virtuosa, ma non ci può essere virtù senza la scienza del vero essere dell’anima e del suo bene, però questi elementi mancano completamente nelle psicologie profane, moderne e postmoderne, dunque le psicoterapie che procedono da esse sono vane e ingannevoli. Inoltre, la salute psichica non può essere data da altri, perché è compito dell’anima stessa, dunque alla cura animi l’uomo deve dedicarsi da se stesso, sebbene sotto la guida psicagogica di un’autorità filosofica, di un saggio o di un sapiente: “…ci dobbiamo sforzare con tutti i mezzi, con tutte le nostre energie, per poterci curare da noi stessi (nobis mederi)”[3].
Dunque chi non pratica da sé la filosofia non può raggiungere la vera salute dell’anima, inoltre fino a quando l’anima non raggiungerà almeno un primo grado di autarchia relativa non potrà essere considerata priva di soggezione a passione e dunque priva di psicopatologie. Si deve ricordare poi che il dominio autarchico del corpo, di tutta la vita corporea e dei suoi accidenti, costituisce solo un piccolo passo lungo la via della salute psichica, perciò deve essere considerato solo come una tappa funzionale alla completa separazione dell’anima dal corpo, una separazione che, a sua volta, è necessaria affinché l’anima possa risalire alla regione iperurania, grazie alla prassi contemplativa di carattere anagogico-anabasico, che risolve gli effetti della catagogia catabasica, il cui prodotto è costituito dall’incarnazione.
La “patria” dell’anima è olimpica, la sua condizione di piena salute si realizza quando l’anima si riunisce all’intelletto trascendente, sua quiete, suo essere, suo fine. Fino a che l’anima non riposa estinta nell’intelletto non avrà pace e non godrà della quiete olimpica, che è il termine a cui tutti i suoi atti, coscienti o incoscienti tendono. Liberata dal corpo, l’anima può finalmente dedicarsi alla realizzazione dell’unione attraverso la contemplazione che, di cielo in cielo, di luce in luce, di scienza in scienza, la conforma a Lui, fino a risolversi in Lui, trasfigurata divinamente nella visio intellectvalis, costituente la divina beatitvdo.
Il cuore della prassi psicoterapeutica è anamnesis, rammemorazione anagogica, ricordo iniziatico che consente la risalita. Il ri-cordo restituisce l’anima al suo cuore essenziale, al suo centro, al suo principio, che è intelletto, presenza di Dio in essa, sua vera sostanza ontologica permanente. Risalire i cieli riflessi delle scienze psichiche o cosmiche equivale risalire i riflessi, le determinazioni razionali della scienza intellettiva, divina e unitaria. Risalire i cieli equivale a risolvere l’alterità della coscienza riflessa, l’attività immaginale e rappresentativa della determinazione simbolica prodotta dalla ragione. Risalire oltre il cielo equivale invece a superare il dominio della analogia, della somiglianze, dell’enigma porta l’animo a superare la cosmicità, la temporalità, il ciclo di nascita e morte fino all’unione col modello divino fondamentale, col sintema, con il Dio.
L’anamnesi è disciplina che porta al cuore dell’Essere e permette di attingere a mnemosyne, con l’anamnesi l’anima oltrepassa tutti i velami di lethe, per giungere ad aletheia, all’alethes nous, l’Intelletto Vero, nudo senza veli, al nudo essere Apollo. Chi attinge a mnenosyne è “divenuto perfetto, perché completamente iniziato ai perfetti misteri”[4], dunque chi ha “ricordato” l’Essere è giunto al termine del risanamento dell’anima, eliminando da essa ogni suo oblio, perciò può contemplare il Bello Intelligibile in Se Stesso.
L’apatheia divina è lo stato finale che l’anima deve raggiungere, questa è la sua vera hyghieia, con l’attingimento di sophia si ottiene la liberazione dalla natura titanica e dalla prigionia nella caverna del mondo, l’anima divinizzata dalla sapienza condivide lo statuto degli Dei, già nella vita presente al corpo, una vita che grazie alla divinizzazione viene completamente trasfigurata. Lo stato divino è lo stato che l’anima possedeva prima di entrare nel mondo, quando preesisteva nell’intelletto e, a fortiori, prima di essere associata al corpo, questo stato dell’anima, isotheos, sarà conservato anche quando, compiuto il theon bios, avverrà l’ultima e definitiva purificazione dalla carne e dal mondo, attraverso la quale l’anima si stabilirà nella regione olimpica iperurania, dove fruirà della beatitudine eterna incorruttibile, completamente separata dalla materia.