
La via filosofica volta alla sapienza-salute comporta due stadi di sviluppo: il primo stadio conduce alla salute psichica naturale; il secondo alla salute intellettiva divina.
Il primo stadio realizzativo può essere a sua volta diviso in due parti, la prima parte relativa alla disciplina filosofica pratica che porta alla prvdentia, la seconda relativa alla disciplina filosofica contemplativa che porta alla sapientia. Infine la prima parte del primo stadio della via può essere a sua volta distinta in tre gradi intermedi di attuazione, equivalenti alla realizzazione delle virtù dell’anima nel suo stato di relazione con il corpo, fino alla sua separazione completa dal corpo. Quando l’anima ha costituito la motivazione adeguata per dare avvio al suo risanamento, può essere indirizzata al regime pratico della vita salutare, all’istruzione per il recupero della prudenza, primo grado relativo di salute.
Attraverso una prima azione sulla ragione, il soggetto è portato alla conoscenza di sé e del suo stato di soggezione al corpo, poi viene istruito sul suo stato normale e sulla natura dell’egemonia che egli deve assumere sul corpo, oltre che sull’anima. Grazie al primo insegnamento ricevuto il soggetto prende atto anche della costituzione psico-vitale-umorale della sua persona, affinché possa assumere un regime di vita che ne ripristini e conservi la normalità, ricreando il retto e correggendo, fino all’eliminazione, il perverso.
Il primo grado intermedio di risanamento che il soggetto affronta nella pratica dell’Igiene Filosofica Fondamentale è costituito dalla realizzazione della temperantia. La temperanza è quella virtù della ragione per la quale il soggetto misura e tempera tutti gli atti della facoltà appetitiva dell’anima e della connessa facoltà vegetativo-generativa, dunque anche le funzioni vitali. Grazie alla presenza della temperanza si statuisce l’ordine razionale nella vita appetitiva e corporale, ogni moto irrazionale, e perciò ogni desiderio contrario a natura o a ragione, viene dapprima contenuto, poi rettificato ed infine risolto dalla temperanza. La temperanza consente al soggetto di subordinare ogni suo desiderio animale alla ragione umana, alla natura dell’uomo, ciò avviene esercitando il dominio su ogni istinto e distogliendo l’impulso irrazionale dalla ricerca dei piaceri naturali, ma non necessari, e dai piaceri contro natura, e dunque viziosi, in generale dai piaceri sensibili fini a se stessi. In particolare la temperanza ordina il desiderio alla natura specifica della persona, perciò la disciplina della temperanza non è finalizzata in alcun modo al piacere o al “benessere psico-fisico” dell’individuo carnale, ma ad attuare una vita dell’anima nel corpo secondo ragione e giustizia, una vita che presenta fra i suoi effetti indiretti la conservazione della temperanza umorale e della costituzione vitale del corpo, perciò consente anche lo sviluppo della longevità, della forza fisica, della bellezza corporea, ecc., come conseguenze derivate, ed infine produce una certa aponia, un piacere catastematico onesto, “esente da dolori e pentimenti” [Platone, Timeo, 59d], che deriva dal compiere ciò che è veramente “salutare e giovevole” [Plutarco, Precetti igienici, 26]. Dato che questi ultimi elementi descritti sono “beni relativi” in rapporto a ciò che costituisce il fine della vita, ossia la sapienza divina, devono essere considerati in sé “indifferenti” per la realizzazione autentica della salute.
In tal modo, tutta l’anima ridotta alla sua natura migliore, accogliendo temperanza, giustizia e saggezza, assume un contegno più dignitoso di quello che il corpo assumerebbe conquistando forza, bellezza e salute. Di tanto, infatti, l’anima supera in dignità il corpo [Platone, Repubblica, 591b].
Dunque la salute dell’anima supera in dignità la “salute” del corpo, e senza la presenza della prima non si può ottenere la seconda, che dipende dalla temperanza.
«Quindi l’uomo assennato vivrà con tutte le sue forze rivolte innanzitutto a onorare le discipline che renderanno tale [temperante] la sua anima, trascurando le altre?».
«È ovvio», rispose.
«Inoltre», dissi, «nell’orientare la sua vita in questa direzione non solo non affiderà il buono stato e l’educazione del corpo al piacere ferino e irrazionale, ma neppure penserà alla salute e si preoccuperà di essere forte o sano o bello, se ciò non dovesse contribuire a renderlo anche saggio, anzi, sarà sempre evidente che la sua cura dell’armonia fisica mira a conseguire quella spirituale [intellettuale]»
[Platone, Repubblica, 591c].
Dunque senza la temperanza non si può costituire un corpo vigoroso, sano e bello, ma allo stesso tempo, la cura del corpo non può essere finalizzata a se stessa, ma deve essere orientata alla saggezza-sapienza, perciò, in prima istanza, la via della salute richiede l’accordo del corpo all’anima, affinché il bene della seconda sia compiuto, in quanto migliore e decisamente più dignitoso di quello del corpo.
Dunque il soggetto dedito alla temperanza sceglierà certe condizioni di vita solo se compatibili con il fine ultimo della vita, con il vero e unico bene, al quale tutto il suo essere deve essere ordinato, perciò non invertirà mai l’ordine dei termini, essendo una tale inversione contraria alla realizzazione della sapienza-salute. La sentenza latina “mens sana in corpore sano” [Giovenale, Satire, X, 356] ha validità solo metodologica, ma è relativa e limitata, perché vale solo fino ad un certo stadio della via della sapienza, chi ha raggiunto l’apatheia, e dunque la separazione dell’anima dal corpo, conserva una mens sana anche in un corpo “malsano”, torturato, mutilato, ecc. Pertanto, il perseguimento della vera temperanza è ben diverso dalla ricerca del benessere psico-fisico e sociale, quel benessere che, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, costituirebbe la “salute”.
La concezione edonistica radicale della “salute” fatta propria dall’O.M.S. è stata posta al centro del programma mondiale per la diffusione della “salute”, un programma che non tratta minimamente dell’intervento sui vizi della lussuria, della golosità, dell’avarizia, ecc., come invece è necessario fare per raggiungere la temperanza. Al contrario le linee direttive dell’O.M.S. si prefiggono di dare la più ampia estensione alla vita carnale dell’uomo occidentale postmoderno, dedito al piacere sensibile in tutte le sue forme, specialmente al piacere contro natura, definendo come scopo primario della vita “il benessere”, ovvero una forma di piacere che rinchiude l’anima nella vita mortale-carnale corruttibile e dunque la condanna al male radicale. In tal modo l’O.M.S. persegue l’ottundimento finale dell’intelligenza metafisica, la negazione completa di ogni genere di sapienza, e quindi l’alienazione totale dell’anima dalla salute, relegandola alla soggezione alla corporeità, all’elemento titanico e alla morte.
Il regime di temperanza volto all’acquisizione della scienza di ciò che è appetibile secondo giustizia e di ciò che non va desiderato perché contro natura o non necessario, richiede un preciso impegno e una conversione pratica di vita, in quanto occorre che la persona passi dalla vita irrazionale, edonistica, viziosa e bestiale, alla vita razionale, virtuosa, propriamente umana. L’esercizio della temperanza consente di rafforzare la ragione e la volontà e di dare avvio alla completa separazione dell’anima dal corpo, e dunque alla rimozione di ogni malia o malattia dell’anima che provenga dalla dipendenza da esso. L’effetto benefico dato dalla temperanza è il primo stato relativo di salute dell’anima, ma il soggetto non deve arrestare il suo sviluppo a questo grado intermedio di risanamento, né deve produrre attaccamento ad esso, altrimenti la salute autentica, nella sua completezza, non può essere ottenuta.
Il secondo grado intermedio di risanamento è costituito dalla fortia, che si distingue interiormente nella firmitas ed esteriormente nella fortitvdo. Nella fortia si consegue un secondo e più profondo stato relativo di salute psichica stabile, in quanto la ragione realizza la saldezza incrollabile nella retta opinione sul bene e sul male morale, ciò comporta la capacità di rispettare ciò che occorre temere e ciò che non bisogna temere, senza lasciarsi fuorviare in nessun caso da persone che sostengono opinioni false o dagli eventi esteriori. La disposizione della virtù della forza rende possibile un’azione morale retta, fondata sulla retta opinione, a tutto campo. La ragione, stabilita nel retto discernimento di ciò che va temuto e di ciò che non va temuto, supera i due estremi viziosi della superbia e dell’umiltà, e tutti i patemi dell’anima dovuti ad opinioni errate su ciò che è da temere e ciò che non è da temere. Nella fortia, la volontà impugnata dalla ragione domina la facoltà appetitiva dell’anima, ma anche la facoltà arditiva, perciò viene eliminata da essa ogni malattia, ovvero ogni passione ed ogni vizio, come il condizionamento prodotto dall’errato timore del dolore o della morte, le azioni smisurate fondate sulla temerarietà o sulla timidezza, sulla tracotanza o sulla viltà, sulla paura, sull’iracondia o sull’accidia. Ogni esaltazione, così come ogni afflizione, e ogni altro turbamento della facoltà arditiva sono sanati dalla fortia, in presenza della quale anche tutto ciò che deriva da paura, ansia, angoscia, afflizione, tristezza, depressione, ecc., svanisce.
Mediante la firmitas si stabiliranno la patientia, la constantia, la perseverantia e, con esse, l’incrollabilità, il dominio dei moti irrazionali interiori, l’inalterabilità di fronte al dolore psichico e fisico e alla morte corporale. La fortitvdo invece consentirà di mantenere la quiete dell’anima in ogni evento determinato da agenti esteriori al soggetto, come disgrazie, sfortune, incidenti, ingiurie, calunnie, sconfitte, ingiustizie, ecc. La disciplina della fortia implica la rimozione dell’attività opinativa falsa e vuota relativa al bene e al fine della vita, inoltre prevede la neutralizzazione completa dell’ascendenza della vita sensibile o irrazionale sull’anima razionale. Il soggetto forte rimane equanime di fronte alle polarità fisiche e psichiche, non prova attrazione o repulsione per gli oggetti dei sensi, supera l’amor proprio e le deviazioni morali che da esso procedono, svolge il suo ufficio-dovere con stabile coerenza. La completa estrazione della volontà dal dominio irrazionale della concupiscenza, grazie all’ottenimento della forza, permette di fissare un secondo grado relativo di libertà e di signoria della ragione del soggetto, dopo quello ottenuto con la temperanza, così l’anima può rimanere intoccata dalle opinioni false che procedono dall’interno o dall’esterno della sua persona. La purificazione della facoltà arditiva e di quella appetitiva consente l’ottenimento dell’imperturbabilità della ragione di fronte agli accadimenti esteriori ed interiori che hanno relazione con la vita corporale. Con la fortia il tonvs della ragione e dell’intera anima è riacquisito, così essa non viene più strappata dal suo normale stato di egemonia rispetto al corpo. L’arresto delle passioni e dei moti convulsi dell’anima, la risoluzione delle afflizioni e delle paure che perturbano gli spiriti vitali e gli umori del corpo, consentono inoltre di ottenere una stabilizzazione delle condizioni salutari della costituzione psicosomatica della persona.
Il terzo grado intermedio di risanamento è costituito dalla prvdentia. Grazie alla prvdentia, la ragione acquista il pieno possesso della scienza del bene e del male e la completa autonomia nell’azione morale, perciò si libera da tutti gli errori del giudizio relativi al retto fine della vita e alle azioni da compiere per realizzarlo. Il soggetto prudente indirizza interamente e univocamente la sua vita al Bene e dunque alla sapienza-salute, conformando la sua ragione alla Ragione Universale. Secondo il Maestro Platone [Fedone, 79d] la phronesis-prvdentia, ha una valenza metafisica e si confonde con la sophia, conoscenza immutabile e immediata delle cause eterne. Ma il termine phronesis accentua particolarmente l’aspetto attuativo, immanente, della sapienza, aspetto che lo stesso Maestro ateniese individua nella realizzazione della giustizia, ossia nell’ordinamento dell’ente personale e civile secondo la norma dell’Intelligenza Eterna.
Fu Aristotele a distinguere nettamente la phronesis dalla sophia, egli volle evidenziare la specifica funzione della phronesis quale “saggezza pratica”, che consente di applicare la scienza universale all’azione individuale per l’attuazione del bene morale e civile; la phronesis consente la giusta delibera, relativa all’attuazione del bene da parte dell’uomo. Questa seconda connotazione della phronesis, distinta dalla sophia metafisica pura, prese il sopravvento nella filosofia ellenistica.
La prvdentia o pro-videntia, definisce l’atto della ragione mediante il quale essa vede prima, “conosce prima”, gli enti, perciò la prvdentia, nella sua accezione più compiuta, è la conoscenza delle cause, delle ragioni essenziali eterne degli enti suscettibili di manifestarsi, prima che essi si attuino nella distinzione esistenziale della successione temporale. La prvdentia perciò è anche una prognosis, per la quale si conosce in anticipo, e si prevede anzitempo, lo sviluppo della vita di un dato ente, perciò il prvdens conosce preventivamente l’effetto delle azioni che esso compie. Questa conoscenza causale è possibile perché la ragione previdente è stata separata, mediante la disciplina conoscitiva, da tutte le limitazioni dell’individualità corporea, in tal modo l’operazione razionale individuale è stata resa libera e adeguata alla Ragione Universale. In virtù del possesso della prudenza il soggetto cessa ogni forma di opinazione individuale ed esprime unicamente nelle sue affermazioni una scienza oggettiva razionale relativa alla natura degli enti, in particolare possiede la conoscenza della natura dell’uomo, e la capacità di attuare lo scopo finale della sua esistenza. Nella prvdentia l’attività opinativa, relativa, individuale e contingente, cessa, in quanto ogni processo razionale contingente è sospeso nella illuminazione dell’Intelletto Agente, l’umana natura, l’anima immaginale, viene così restituita alla condizione originale di beatitudine terrestre e perciò risanata in modo elementare.

Una volta rimossa la malia che affliggeva la ragione, dovuta all’associazione dell’anima con il corpo, l’anima è liberata da ogni pathos proveniente dalla sensibilità, perciò può essere definita apathes in quanto dispone dell’apatheia, dell’assenza completa di ogni tipo di passione, e perciò anche di ogni sofferenza dovuta alla corporeità. Il principio egemonico dell’anima, separato dal corpo, può essere definito anche sanctvs, termine equivalente al participio passivo di sancire, è sanctvs ciò che è stato sancito, “separato”, sottratto all’umana corporeità. Nella religione romano-italiana il verbo sancire vuol dire “separare da, per consegnare a”, l’oggetto o la persona sono sancti in quanto sono separati da un certo dominio naturale e corruttibile, per essere “riservati”, dedicati agli Dei, al Divino. L’animvs razionale che si è separato dalla condizione umana, dalla soggezione all’umidità carnale, si consegna, dopo la sua estrazione al Dio, all’Intelletto Divino Eterno. Nella tradizione filosofica medica, l’animo santo, separato dalla natura titanica, ha raggiunto il primo grado elementare di salvs-sapientia, esso si è salvato, per suo proprio merito, dalla corruzione del corpo, elemento oscuro a causa del quale subiva malia e passione, perciò l’animo santo, l’ego razionale separato dal corpo, conserva lo stato ottenuto anche dopo il termine della vita associata al corpo.
Il primo grado di sanctitas equivale anche alla realizzazione della salute psichica basilare, scopo dell’Igiene Filosofica Fondamentale. Il conseguimento completo della salute psichica essenziale, della sapienza, che equivale alla salute divina dell’anima, è raggiunto quando la stessa anima si reintegra completamente nel suo principio causale eterno, l’intelletto. Realizzato il termine celeste della salute psichica, attraverso la piena conformazione della ragione all’intelletto, la contemplazione riflessa si risolve nella visione immediata dell’Essere Intelligibile, la quale costituisce l’anima nel suo principio sovrannaturale e nella stabilità eterna della Divinità.
L’Igiene Filosofica Fondamentale introduce alla realizzazione della salute psichica basilare, il soggetto così riceve la prima illuminazione dall’Intelletto Trascendente e recupera la perfezione dello stato originale terreno, quello stato in cui l’anima non aveva ancora subito la catabasi nel corpo, con la conseguente associazione-immedesimazione ad esso. Perciò il prvdens è sanctvs e sanvs, perché privo di ogni soggezione alla malia corporea, quindi gode della “beatitudine terrestre” primordiale, dalla quale può innalzarsi alla attività contemplativa riflessa e immaginale, che conduce l’anima alla salute divina e intellettuale. Alla vita teoretica l’Associazione Igea dedica i livelli superiori della sua attività.
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